domenica 29 aprile 2012

SONO UN NONNO TECNOLOGICO,  e questo attenua la nostalgia di vederti già un po' meno. Tua madre ricomincia a uscire di casa, torna a lavorare, e noi ci perdiamo quei bei momenti che rubavo al nuoto per venirvi a trovare. Ma sono un nonno tecnologico e rimedio con Face Time. E a quanto pare non sono l'unico. Qualche mattina fa, a Perugia per il Festival del Giornalismo, ero a tavola con Enzo Iacopino, un collega di poco più anziano di me. "Ruggero è diventato nonno, sai?" gli fa Chiara Longo. Lui mi guarda con una faccia d'intesa "Si diventa pazzi, lo sai, vero?" poi furtivamente mi mostra il salvaschermo del suo iPad con la foto di un angioletto biondo. Tra tanti colleghi giovani e non-più che giocano a fare il giornalista cinico e scafato, mi sono sentito meno solo. Chissà che cosa sceglierai di fare tu nella vita e, soprattutto, se mi sarà lasciato il tempo di vederlo. Da parte mia, come è già stato con tua madre, nessuna spinta a seguire le mie tracce. Anche se non mi dispiacerebbe affatto. "Sempre meglio che lavorare" diciamo del nostro mestiere con una discreta dose di civetteria. Ma bisogna sceglierlo. E questa è una fortuna che la vita riserva a pochi. Desiderare che un figlio segua il tuo cammino è lecito, spianargli la strada raramente è produttivo, soprattutto se non si tratta di trasferirgli una tua azienda ma, piuttosto, di esercitare qualche forzatura in suo favore. Personalmente preferisco scommettere su un giovane collega che per caso incrocia il mio percorso e dare a lui le opportunità che in quel momento sono nelle mie disponibilità. Lo ho fatto ogni volta che ho potuto.

martedì 17 aprile 2012

NONNA MORFINA. Il soprannome che tua madre le ha rifilato, Nonna Gabri se l'è guadagnata sul campo. "Nonna Nanna" sarebbe stato certamente più appropriato a una tranquilla signora qual è. Ma facciamone anche una questione generazionale. Siamo o non siamo pur sempre quelli cresciuti a Beatles e Rolling Stones? Il fatto è che solo lei ha il potere di farti riposare tranquillo anche per un pomeriggio intero. Arriva. Ti prende in braccio. Appoggia la tua testa sulla sua spalla sinistra, ti accarezza la nuca, il collo, la schiena, il sedere e in men che non si dica i tuoi muscoli si rilassano e ti lasci andare. Lei guarda la TV e tua madre fa le sue cose. "E' capace di svegliarsi anche dopo due ore. Comincia con una smorfia, si stiracchia, stropiccia le manine. Gnicca un po'". Gniccare non è piangere. Nemmeno ridere. Nemmeno fare nghe nghe. E' gniccare. La delizia di ogni nonno.

mercoledì 11 aprile 2012


11 aprile, ore 20

NON HO L'ETA'. Credo che mi convertirò a nonno classico, quello con la trombetta per farti ridere. Quello con gli scherzetti idioti che ride solo lui ma va bene lo stesso. Oggi siamo rimasti soli dieci minuti, il tempo per tua madre di fare una doccia, e mi hai cantato tutto il repertorio. Quando lei entra in bagno sei nel passeggino tranquillo. "Bene. Ce la possiamo fare". Penso che ti lascerò lì e proverò a farti un po' di boccacce. Esplodi. Ti prendo in braccio faccia rivolta al petto e comincio a saltellare per casa immaginando di cullarti. "Com'è pure che si faceva?". Ti giro dall'altra parte. Niente. Ti rimetto giù. Peggio mi sento. Ti riprendo e ci mettiamo in poltrona cullandoti sul braccio sinistro. Urla forsennate. Nel mentre suona il telefono. Rispondo. Dall'altro capo si impietosiscono e riattaccano. Esce tua madre con l'asciugamano-turbante. "Ma non devi stare seduto. Fallo girare per casa". Sè. E ricomincia la giostra. Ah... ora ricordo... trent'anni ci dicevano che piangere ai bambini fa bene. Sbrigati a crescere piccolino. Sbrigati a comunicare. Noi due dobbiamo fare dei discorsi.

domenica 1 aprile 2012

1 aprile 2012

Questa è Peggy, il cane con cui esploreremo insieme la Valle del Tevere. E' un "puro meticcio". L'aspetto di un Labrador e la stazza di un maremmano. Vive con noi, con la nonna Gabri e con me, da quando decidemmo di adottarla più di tre anni fa, il 7 ottobre del 2008. Aveva circa un anno. Per mesi, fino a quel momento, aveva vagato, assieme a un fratello inseparabile, nei vialetti del nostro comprensorio. Erano magrissimi. I bambini davano loro da mangiare qualche scatoletta  e li avevano chiamati Peggy e Pongo, come i due protagonisti della carica dei 101. Poi un brutto giorno Pongo fu trovato morto. Chi disse di fame. Chi ucciso dai cinghiali che popolano le nostre campagne. Peggy si mise a fare coppia fissa con un altro compagno di strada fino a che un giorno venne trovata ferita vicino al nostro cancello. Da quel giorno vive con noi e ora è la regina del divano dal quale, in questa foto, sta guardando te a culo nudo mentre  ti stanno cambiando sul fasciatoio. Ha capito benissimo che c'è un cucciolo. Ed è un po' triste  perché lei, suo malgrado, deve stare alla larga. Scodinzolando curiosa cerca di annusarti con il suo meraviglioso tartufone umidone. "Peggy via!". C'è sempre qualcuno più pronto di lei a difendere la creatura. Sei fortunato a essere circondato dagli animali. Qui come a casa con Lula, Scala e Strizza. I tuoi genitori raccontano che quando arrivarono a casa la prima volta con te Lula era emozionatissima. Batteva i denti. Se non fosse sterilizzata probabilmente le sarebbe venuto il latte.