sabato 28 dicembre 2013

ARIDAJE. Questi sono fissati, Vale. Non bastava, l'anno scorso, il triciclo rosa di nonna Gabri.  A Natale un altro regalo da femmina: la cucina di Peppa Pig! Questa volta dalla prozia Simo, altra provocatrice storica, benchè il sospetto dell zampino di mamma sia sempre presente. "Adesso spaaaacco tuttooo!!! e vi faccio vedere che uomo sono!!!"
Ok. Scherzavo, non è andata proprio così anche se cercavo di inventarmi una storia per giustificare questo scatto in cui tu sei a terra, disperato, dopo aver buttato all'aria la mini cucina componibile che tua madre aveva appena montato come se non avesse fatto altro nella vita. Nel filmato che vedrai fra poco in realtà dimostri di apprezzare anche se, diciamocelo, l'ingegneria e i trasporti ti prendono un po' di più. Il sospetto l'avevo già avuto con l'aereo dell'anno scorso, quello con la cloche dove avevi nascosto le chiavi di casa, mascalzone. La conferma l'ho avuta sempre l'altro giorno quando, tu che ancora non parli, mi hai fatto capire che volevi salire al piano superiore dove, fino a qualche tempo prima, c'erano trenino e ferrovia. Ti ho seguito. Hai  fatto le scale un gradino alla volta con me che ti seguivo da dietro e tua madre, che si fida, che dava un occhio a tutti e due e strillava "Quando scendete prendilo in braccciooo". E quando, alla fine della scalata, hai visto che non c'erano più nè convogli, nè binari, nè galleria, nè stazioni ti sei proprio incacchiato di brutto.
Dai, comunque è stato un Natale generoso di regali:  treni, libri, costruzioni e "il piccolo Masterchef".



Diciamo che per come era cominciato le cose potevano anche andare peggio con la febbre che non è mai scesa sotto i 39 e che ha impedito, a te e mamma, di partecipare, con tuo padre e tuo fratello, al cenone dai nonni Polegri. Ma niente paura. E' scattato il catering soccorso dei nonni Po che armati di salmone, insalata russa, tortelli di zucca al burro e salvia e un buon bianco hanno organizzato il "cenino del malatino". Posso dire? Non solo ce la siamo cavata benissimo, noi quattro più Lula, ma a me è piaciuto molto più di tanti altri natali. Quest'anno ci ho pensato tardi ma il prossimo ti prometto che arriverò vestito da Santa Claus e non ce ne sarà per nessuno.



domenica 15 dicembre 2013

VERSO SUD. Tornando a Roma, questa mattina, dopo un breve soggiorno a Carpi per salutare i parenti più stretti prima di Natale, e partecipare a una cena fra vecchi compagni di liceo quarantacinque anni dopo, ho avuto sempre più netta la conferma che il mio orizzonte casa-altrove si è definitivamente capovolto. Per molto tempo, anche durante i miei primi anni romani, il ritorno a casa era una viaggio verso nord. Orte-Orvieto-Chiusi-Firenze-Barberino-Roncobilaccio-Pian del Voglio e quando, dopo Sasso Marconi, l'autostrada si apriva, vedevo San Luca e poi la pianura cominciavo a sentirmi nella mia terra. I capannoni industriali, l'Ikea e quello della birra a sinistra, la lavorazione delle carni più avanti, dopo Modena sud, a destra, il cielo meno blu, la Coop, lo svincolo per il Brennero, il casello, poma! Cioè casa. I bar che vendono la stria col prosciutto,  l'erbazzone, le donne in bicicletta che le riconosci che sono carpigiane dalla permanente che così la fanno solo lì. L'acqua, anche l'acqua che quando esce dal rubinetto ha un odore diverso. Cose di casa, fino a non troppo tempo fa. Sensazioni che amo, che appartengono al mio DNA, ma di un paese che non è più il mio, oggi che ci sei tu. La sensazione di tornare a casa, Valentino, l'ho sentita quando la nonna ha messo in moto la macchina per tornare dove vivi tu che tra l'altro, se la vita non avesse scelto per me e per la mia famiglia un'altra città, non saresti mai nato. Avrei avuto un nipote, forse prima, forse dopo, forse di più  ma non saresti stato tu.  Modena-Bologna-Firenze-Fabro- l'autogrill-il regalo per Vale... oggi aria di casa la comincio a sentire al casello di Orte, quando l'autostrada si apre a tre corsie e intravedo il Monte Soratte, il cielo più blu, le nuvole che corrono, la barriera Roma Nord, i capannoni dell'Arca, della Mercedes, casa! E penso che presto ti rivedo. Che mi dirai "gnogno", qualche parola nuova che non vedo l'ora di scoprire e ti consegnerò il coccodrillo di peluche che sembra il Signor Dinosauro del principe George, il fratello di Peppa Pig.

domenica 1 dicembre 2013

CIU  CIUUUUFFFF!!! Ecco il treno! E' solo una foto, bimbo mio, questo te lo dico per quando sarai grande e la rivedrai chiedendoti quante ore ci abbiamo giocato. Poco, lo prevedo già da adesso. Tuo nonno non è mai stato per questo tipo di giochi nemmeno da giovane padre, quando era magro. Figurati starci oggi sul pavimento, con o senza tappeto, con tutti quegli anni e tutti quei chili. Però lo scatto ci stava bene, è di quelli evocativi, che commuovo, e la nonna si è prestata a farlo senza troppo protestare. Del resto a te il trenino, che ti ha comprato lei, è piaciuto subito e tanto. Rotaie di legno, vagoncini di legno che stanno uniti tramite una calamita. Pratici questi svedesi dell'Ikea. E furbo il piccolo ponte che crea un dislivello sufficiente a fare camminare il convoglio per qualche centimetro in più. Il nonno, ma lo sai, si diverte di più a leggere i libri insieme a te. Spot il cucciolotto che si nasconde dappertutto quando la mamma lo cerca per la pappa. Lei che apre un armadio e trova il leone. "Il leone come fa, Vale?" "Aaaaaargh!",  lei che apre il baule e trova le cornacchie "La cornacchia come fa?" "Cra, cra, cra" e poi il rinoceronte, il serpente con il suo sibilo, la scimmietta con quattro mani. Che belli i libri con le finestre. Anche a tua madre piaceva molto farsi leggere i libri la sera prima di addormentarsi. Mi sedevo sul pavimento di fianco al letto e via con Pinocchio e Cenerentola, il Gatto con gli Stivali e La bella Addormentata. Senti quando lo raccontò in TV a un'inviata di Enzo Biagi. Guarda che i libri sono ancora tutti qui. Però dovrai passare un sacco di notti anche dai nonni...

domenica 17 novembre 2013

SOUVENIR. Ci sono, e ci sono stati soprattutto in passato, nonni che amano farsi ricordare in pose serie, fotografati nel loro studio, col vestito migliore. Anche di me ti rimarranno decine di pose, mentre lavoro, mentre intervisto, mentre sono in diretta e quando ricevo premi. Potrai andarne orgoglioso, dire mio nonno ha fatto programmi radio per più di quarant'anni, ha intervistato cantanti e capi di stato, ma l'immagine che vorrei ti rimanesse vicina è questo sberleffo che tua nonna e io ti dedichiamo con tutto il nostro amore. Lo stesso amore che da quarantatré anni ci riserviamo l'uno l'altro, la stessa voglia di giocare. Eravamo in vacanza. Dal lavoro, dai pensieri quotidiani e anche da te che, come vedi, eri però nei nostri pensieri. Ciao Vale. Domani la nonna torna. Trattala bene. Massimo domenica spero di vederti anch'io.

venerdì 8 novembre 2013


FACCIA DA LIGERA. Si diceva così, negli anni sessanta delle facce da impunito. Il "ligera", a Milano, era il malavitoso di piccolo calibro, simpatico, non particolarmente pericoloso, che se la cava sempre. Proprio come te che qui esci da un pianto inconsolabile, una crisi di nervi, cioè una bella incazzatura. E' andata così. Come tutte le sere, verso le otto, arrivata la mamma, ti aspettavi che la nonna uscisse per tornarsene a casa e godervi la vostra intimità. Ciao ciao, bacio bacio, e la nonne se ne va. E invece, sorpresa, la nonna resta e entra il nonno con un bustone puzzolente colmo di cibo cinese. Che tu non lo sai ma l'Agne e nonno Ruggi vanno pazzi di involtini primavera, ravioli al vapore, spaghetti di soia e billa cinese. Un lampo. Se avessi potuto mi avresti cancellato con un raggio laser. Strilli a mille. Ma il nonno conosce più trucchi di te. Esce l'iPhome e entra in campo l'assistente vocale. "Perchè Valentino piange?" "Non capisco" "Valentino è disperato" "Vuoi che cerchi Valentino su internet?" Il resto lo vedi dalla foto. Sotto l'iPhone ci sei tu. Vale, visto come ci tratti ho deciso che ti porto via la nonna per una settimana. Ce ne andiamo un po' a zonzo. Verso nord. Magari ti mandiamo qualche foto.

domenica 3 novembre 2013

GNOGNO, stasera sono io che scrivo a te visto che sono capace a accendere l'iPhone e anche l'iPad, come dimostra questo autoscatto che ci siamo fatti quando i miei  se ne sono andati e papà era fuori dal cancello per sentire se piangevo. E noi a ridere e a farci le foto da mandargli subito. Loro al concerto dei Darkness a fare i rocchettari e noi qui a giocare col telefonino. Quella voce mi fa ammazzare dalle risate. Quando dice "Valentino? Non capisco. Su internet ho trovato Valentino Rossi. Lo chiamo?". Gnogno, ti volevo dire che mi piace quando ti metti a contare e ti fermi a sei. Ma non lo sai che dopo c'è il sette? Te lo devo ricordare io tutte le volte? Lo so che la Peppa Pig si ferma a sei, ma se lo chiedi a me lo so. "Sette!!!" E poi ti volevo dire che mi piace anche quando mi guardi giocare senza rompere. Mi piaci perchè non mi insegni come si fa. Che se io per rimontare la macchinina metto la ruota sul sedile non mi blocchi per dirmi: "Noooo Valentino, la ruota va lì". Sei furbo, tu, perchè hai capito che magari ti posso dare un'idea per le macchine del futuro e fare bella figura alla radio. E poi mi piace che mentre faccio un gioco non mi fermi per propormene subito un altro. E che se cammino sul divano non mi dici scendi che ti fai male. Mi piaci che stai lì buono buono a guardarmi accarezzando Peggy. Ma non sarà che quella è un po' gelosa di me?

sabato 2 novembre 2013

LE TUE RADICI. Oggi è il giorno che la tradizione dedica al ricordo di chi non c'è più. Oggi voglio accompagnarti nei cimiteri dove riposano alcune delle persone che, non per il solo fatto di avere vissuto, hanno gettato le basi per l'arrivo di Valentino e per quello che Valentino sarà. Io posso aiutarti per un cinquanta per cento, naturalmente, quella metà di Valentino, romano de Roma, che sta tutta nella pianura padana. Quattro i cimiteri che ti porto a visitare. Cominciamo da quello più importante, Carpi, dove riposano i tuoi bisnonni Attilio e Silvia, i più longevi. Silvia l'hai conosciuta anche tu, ebbe il tempo di tenerti in braccio. Se ne andò tre mesi e dieci giorni dopo il tuo arrivo. Se ne andò col botto. Nemmeno 24 ore dopo la sua sepoltura Carpi subì il terremoto più grosso della sua storia. Lo stesso camposanto chiuse per mesi. Ora riposa in quella tomba di famiglia che lei tanto detestava in quanto sotto un pino che sporca in continuazione. Quando le andrai a far visita porta con te una scopa. Serve sempre. Accanto a lei Attilio, il marito di una vita, 55 anni insieme nonostante una matrimonio tardivo, quando già, oltre la trentina, lei ragazza di campagna, si sentiva destinata a restare zitella. Chè negli anni cinquanta le donne single erano zitelle. E invece, proprio come tua madre, ebbe la sua unica figlia a 34 anni. Anche Attilio visse a lungo. 85 anni a Carpi e gli ultimi mesi a Monterotondo dove, quando già era molto malato, si trasferì con la Silvia per stare vicini a noi. Vitale e socievole come lo fu per tutta la vita, nonostante lo sfinimento della malattia, trovò la forza di andare spontaneamente al Centro Anziani e farsi qualche amico. Non so quanto si capissero. Unico neo dei romani, per lui che "qui non sanno fare il pane", così nonno Ruggi dovette farsi dare la ricetta da un panettiere carpigiano e da allora sforna a Roma chioppe, mantovane e crocette. In onore al bisnonno Attilio che tra i tanti mestieri di una vita così lunga fu anche pastaio. Forza Vale. Il nostro viaggio per cimiteri continua. A proposito lo sapevi che tuo nonno per una breve, ma non brevissima, stagione della sua vita lavorò nei servizi cimiteriali? Aveva ventidue anni, voleva sposarsi, finire l'Università richiedeva ancora anni. Gennaio 75 il Comune di Carpi acquisiva le Onoranze Funebri per sottrarle alle speculazioni dei privati e offriva un posto, a tempo determinato, di Coordinatore. Il nonno decise di non essere choosy e accettò. A giugno il matrimonio. Un incarico che, tra un contratto e l'altro, durò per due anni. Tienilo a mente, bimbo mio, quando ti verrà voglia di scartare una proposta apparentemente inadeguata. Alè. Forza. In macchina, Si va a San Marino, frazione di Carpi dove nacque la bisnonna Lea e dove, con lei, riposano tutti i Valentini, a proposito di radici. Questo è un bel cimiterino, sai? Piccolo, a lato di una bella chiesa, quella dove la Lea trascorse la sua infanzia, dove insegnò il catechismo, prima di decidere che lei con i preti non aveva nulla a che spartire e di diventare fervente antifascista e poi comunista. La Lea riposa in un "tombino" (qui a Roma li chiamano "forni" e "fornetti") in una "galleria". E' con i suoi familiari, suo padre Alfonso, sua madre Erminia e qualcuno dei suoi fratelli e sorelle. Soffermati e, piuttosto che una preghiera, cantale "Bella Ciao". Se sarà in ascolto apprezzerà. Prima di uscire e riprendere la macchina passiamo a salutare la "zia Valeria", con cui per tanti anni nonna e io abbiamo vissuto porta a porta e che fu una terza nonna per tua madre. Poi lo "zio Leo", il "piccolino" degli undici fratelli Valentini. Dai. Si riparte. Per andare dal bisnonno Gino ci sono una quarantina di chilometri. Lui è sepolto a Castellarano, in provincia di Reggio Emilia, dove trascorse assieme alla Iolanda, la sua nuova moglie, l'ultima parte della sua vita. In quel cimitero ce lo portammo con la banda e il discorso del delegato ANPI Alfredo Bulgarelli in una nevosissima mattina di fine gennaio 2004. Pagherei per sentire il suo commento davanti a quelle parole svuotate di ogni spessore per quanto erano state ripetute negli ultimi decenni. Lui, ex comandante partigiano, uomo di grande coraggio e di altrettanta libertà di pensiero che, finita la guerra, senza clamore, ma senza ripensamenti, si era allontanato da celebrazioni e retorica. Il quarto cimitero è quello di Gargallo. Piccolissimo, sotto casa della Simo, tua prozia, mia sorella. E' il mio preferito. Lì ci sono i Po.

domenica 27 ottobre 2013

I CINQUE MINUTI. Questa immagine non è recente, non è nemmeno mia e l'ho vista poco fa scorrendo l'album on line di tua madre, ma devo dire che mi sembra piuttosto rappresentativa del tuo caratterino. Sorridente e solare, ma quanto perdi le staffe non ce n'è per nessuno. Ho voluto pubblicarla affinché da grande, quando sarai sul punto di esplodere, tu possa contare fino a dieci, guardartela, e farci su una bella risata. L'autoironia è la migliore medicina per l'anima e, dicono, anche per il corpo. Meno ti prendi sul serio più ti prendono sul serio gli altri. Non sono certo, però, che il discorso valga anche per Peggy. Lei non lo sa, Vale, che se le metti le dita negli occhi lo fai perchè ti sembrano due bottoni. Ricorda che ai cani non si tirano le orecchie e che il loro naso non è scaccolabile. Lula, nonostante il suo aspetto corrucciato, da te si lascerebbe spolpare viva. Pegghina-la-dolce tutt'altro. Ma te ne sei accorto. E spero che te ne ricorderai.

domenica 6 ottobre 2013

GNOGNO! Che non sarà un granché, direi di non averlo nemmeno sentito con le mie orecchie ma tua madre lo ha ripetuto subito e io le voglio credere. HAI DETTO NONNO!!!! Del resto ormai mi riferiscono che sta andando alla grande. Per settimane hai ascoltato senza ripetere i versi di tutti gli animali e poi improvvisamente qualche giorno fa al Bioparco ti sei messo a rifarli tutti. La capra. Il cane. Il leone. Il serpente. Vale! Come fa il serpente? Sei dolcissimo nel tuo mondo innocente dove ci sono solo i tuoi genitori, la tata e la nonna, i bambini del nido, Lula e i giocattoli, tanti giocattoli, il camion e la palla, il Lego, il cavallo a dondolo e il triciclo. Che quando lo usi  già sai che ti devi mettere il casco. E te lo metti. A proposito del triciclo, brutto schifosetto. Ma ti pare che il baule dell'aeroplanino sia il posto giusto per nascondere le chiavi di casa dei nonni? Ma secondo te chi ci pensa, dopo giorni di ricerche e di incolpamenti reciproci tra i grandi, che Valentino le chiavi le ha prese e le ha riposte con cura nel "vano portabagagli" del suo jet personale? DELINQUENTE! Goditela, bimbo mio, la spensieratezza di questi anni. Fuori è tutto così confuso che anche l'ottimismo inossidabile di tuo nonno comincia a vacillare. Tuo nonno che, nascendo poco dopo la fine della guerra più orribile di sempre, ha avuto la buona sorte di infilare la propria esistenza in un lungo periodo di pace, progresso e fiducia nel futuro. Oggi non è più così. I poveri del mondo, che sono la stragrande maggioranza dell'umanità, bussano alle nostre porte e noi, che pure nell'incertezza continuiamo a vivere da signori, ci siamo già dimenticati che cosa significhi morire di guerre, di malattie e di fame. Tu non sei egoista, vero? Nemmeno io. non serve a nulla. Anzi, sì: a vivere peggio, loro e noi.

lunedì 30 settembre 2013

2
BELLO. C'è un solo aggettivo per definirti. Sei bello da metter soggezione. Mi ricordo improvvisamente di 36 anni fa, quando nonna Gabri aspettava mamma e Milly, fascinosa soubrette anni trenta, capace di far perdere la testa a un Re e a una grande scrittore come Cesare Pavese, le accarezzò la pancia. "Che cosa desideri per lui?". "Che sia sano" rispose senza esitare la nonna-in-salopette di fronte all'attrice brechtiana. E lei, ricordando i suoi tempi che furono "Ti auguro che sia anche bello. Facilita molto". E' vero, bimbo mio. E tu, come tua madre, lo sei. Armonico, grande, sorridente e accogliente. Non come tuo nonno, un piccolo ET alla tua età, con una fronte immensa su una testa fuori misura, due stuzzicadenti per braccia e in fondo dieci dita lunghissime. Un bambino sgraziato, un adolescente fuori dai giochi sportivi dei coetanei, un ragazzo che le ragazze non consideravano costretto a inventarsi un qualcosa di speciale per fare colpo. Le interviste ai cantanti e una radio che le trasmetteva. A diciassette anni. E la nonna abboccò. E' ancora qui. Come sai.

sabato 7 settembre 2013

MATERIALONE. Questo saresti tu secondo la definizione della prima maestra della tua vita. In realtà Nadia cercava la parola migliore per definire la tua irruenza. Il debutto in società è stato giovedì. Sull'ammissione al nido nessuno di noi nutriva troppe speranze e invece, con una discreta botta di fortuna, nel giro di poche settimane sono arrivate la conferma che eri stato preso e il primo incontro della mamma con le signorine che, facendole venire un mezzo infarto, le hanno detto "domani si comincia". Per ognuno di noi il primo giorno di scuola è uno degli eventi della vita ma per un genitore di più. Il primo distacco vero dopo il taglio del cordone e in attesa di tutti gli altri che verranno, dal primo viaggio da solo alla prima fidanzata. Per età dovresti stare nella classe di mezzo ma per dimensioni sei finito, dritto filato, tra i più grandi. E anche lì sei il più grande. Ricordo i miei digiorni all'asilo. Pochi in verità. 1956, o forse 57. Altro che il famoso "Modella Reggio Emilia" entrato in auge solo trent'anni dopo e del quale usufruì tua madre. Il Niccolò Biondo di Carpi era a tutti effetti una scuola, anche moderna e costruita per essere una scuola, ma con le aule, i banchi e la puzza di minestra, di cavolo e di pomodoro stantio nei corridoi. Ricordo con orrore il pisolino obbligatorio del dopo pranzo seduto con la testa appoggiata sopra il banco. Ricordo le maestre-istitutrici col pipullo. Ricordo i pianti liberatori quando la mamma veniva a prendermi. Credo che in tutto sia durato due settimane. Tu, invece, risulta che alla fine della giornata, mentre gli altri bambini corrono in braccio ai genitori che li sono andati a prendere, vorresti continuare a giocare. E che mentre gli altri bambini un gioco se lo fanno durare anche un'ora e mezzo a te, al massimo, lo stesso gioco dura due minuti. Un materialone. Come volevasi dimostrare.

sabato 31 agosto 2013



VENT'ANNI. Il 31 agosto del 1993 mamma, nonno e nonna lasciavano definitivamente il "paese" per trasferirsi tutti insieme a Roma. Il tuo viaggio, se così possiamo dire, comincia da lì, bimbo mio. Dalla decisione di tua nonna, dopo tanto soppesare, di raggiungermi nella città dove il lavoro mi aveva portato due anni prima. La carovana, un volvone pieno come un uovo, con un divano rovesciato sul portapacchi, lasciò via Cosmè Tura 28 nel primo pomeriggio fra magoni e abbracci vari. Mica siamo in America dove nasci sapendo che cambierai città e Stato un paio di volte almeno. Per noi carpigiani era già un "lavoro all'estero" trovare un impiego a Modena, diciotto chilometri, e non potere tornare a casa per il pranzo. Figurati Roma, la capitale, che in tanti avevano visitato solo per il viaggio di nozze. Arrivammo a sera inoltrata e lì, per me, fu come sposarmi un'altra volta, la terza, e sempre con la stessa donna. Quella borsa di tua nonna. Tua madre aveva quindici anni, di lì a pochissimi giorni sarebbe entrata al quinto ginnasio di una delle scuole storiche del centro, ma questo è un altro film, e merita una proiezione a parte. Damme er cinque, romanaccio de nonno!

giovedì 22 agosto 2013

QUESTA POI... Passi che la tua prima parola è stata mamma, sorvoliamo che hai aggirato il papà e dopo "Ciao" sei planato su "Peggy" - che ora dopo un periodo di diffidenza ti vuole bene e ti "saluta" volentieri - ma che tu chiami Peggy anche me non ci sta. Io sono il nonno! Non-no!! Non è difficile. E finalmente, in questi venti giorni di mare insieme, ho trovato il mio ruolo. Che è quello di placarti con il barbatrucco segreto. Non c'è collera improvvisa, non c'è crisi isterica, mal di pancia di Valentino che resista all'iPhone e all'assistente vocale SIRI. Dalla tasca nascosta il nonno estrae il telefonino e a Valentino ritorna il sorriso. L'indice di ET pigia il bottoncino centrale in basso e lo spettacolo va a cominciare. Poi è tutto un ciu-ciu-ciu con la signorina sintetica che, se te la sai lavorare, ti canta anche una canzone.

lunedì 19 agosto 2013




CIAO! CIAO!! CIAO!!! Questa è la seconda parola che pronunci con piena coscienza del suo significato. A volte, incrociando un altro bimbo, gli sventoli anche  la manina. Comunicazione verbale e gestuale che si integrano. Una parola che ripeti compiaciuto di sentire e modulare il suono della voce. Soprattutto la sfoderi quando sei stanco di una situazione e vuoi dare un segnale alla mamma che è ora di andarsene. "Ciao!", nel senso di "Buonanotte a tutti, noi ce ne andiamo". Molte altre sono le parole che macinano dentro e che stanno per esplodere. Mi aspetto di tutto da quella bocca sorridente di un sorriso ammiccante e malandrino.  Sarai un gran figaccione, ragazzo, e lo sai già. Alto e formato come e più di un bambino di tre anni, il doppio esatto dei tuoi. E altezza è mezza bellezza. Tu e Giorgia ve la siete intesa subito. Siete gli unici bambini integralmente nudi della spiaggia. Vedervi è una gioia. "Signora, perchè è senza costume?" chiedono ogni tanto gli altri bimbi, magari signorine col "due pezzi" a quattro anni, bimbe che le loro madri fanno torturare dalla signorona nera che fa le treccine sotto l'ombrellone e ci mette dalle due ore in su. Tua madre, in realtà, se ne approfitta della sua faccia da tedesca e appena può toglie cappellino, maglietta e pannolino. La prima volta che ti è scappata la pipì sulla battigia te lo sei guardato e hai cominciato a ridere a crepapelle. Fare la pipì in piedi. Un altro passo. Non da poco per un uomo.

venerdì 16 agosto 2013

MAMMA MIA. Finalmente l'hai detto forte, chiaro "mamma" e lo hai fatto rivolgendoti alla signora Agnese Po. Cioè tua madre. La prima parola in italiano e di senso compiuto. Era il 15 agosto del 2013. Prima d'ora avevi pronunciato questa parola rivolgendoti a molte altre cose, soprattutto il cibo. Tutto è bene ciò che finisce bene. Nessuna gelosia consentita anche se qualcun altro non avrebbe disdegnato che la prima parola fosse "nonno"... Qui al mare, dove praticamente siamo insieme tutto il giorno da dieci giorni, a volte mi cerchi espressamente. Ieri sei arrivato direttamente con un libretto in mano facendomi capire che volevi salire sulle ginocchia e desideravi che lo leggessimo insieme. Uno di quei libri per bambini con le pagine di cartone duro e le finestre che si aprono. Del resto i nonni è per questo che sono fatti. A differenza dei genitori, non hanno l'agilità per rincorrervi, seguirvi sulle giostrine, entrare e sedersi nelle casette delle fate. I nonni hanno la pancia. E le articolazioni scricchiolanti.  

domenica 28 luglio 2013

BELLA LA VITA appisolato sulla schiena di tua madre che si ustiona le piante dei piedi sulla spiaggia, tra un ombrellone e l'altro, come un nordafricano carico di occhiali, asciugamani e CD. Lei però dissimula, intrippata com'è in questo Amelialand, che poi è un lenzuolone lungo più di sette metri che con un gioco di prestigio diventa uno zainone per bambini viziati. Scherzo dai... Alla fine è solo l'evoluzione di quello che facevo io con lei 34 anni fa scandalizzando parenti e amici. "Mo Diooooo.... beh, mo Rugéro, mo non ciai micca paura che ti caschi?" In realtà pensandoci adesso l'abbiamo messa bene. L'Agnesina nella zainetto sulle spalle, il barbutissimo Ruggero sul Ciao rosso a sfrecciare per le vie di Carpi. Come le piaceva!!! E come piaceva a tuo nonno fare l'originale in un'epoca in cui i papà, anche giovani, lasciavano totalmente a madri e nonne la cura dei loro figli. E se non era il Ciao, che poi era un motorino in voga in quegli anni,  era la bicicletta col seggiolino agganciato al manubrio, appoggiato sulla canna.
Ma quella era una roba normale. I chilometri facevamo. E le chiacchierate!!! Un giorno tornando da San Marino, dove io e lei eravamo andati in bicicletta, sbuffando per la fatica e il caldo le soffiavo sulla testa. E lei, che da poco parlava, si girò e mi disse: "Papà, non sono micca una minestra!". Sempre quella volta che, in vena di discorsi - perché quando cominciate a parlare dite tutto quello che non avete detto in due anni - mi spiegò la sua vita. Stavamo entrando a Carpi dalla campagna e in lontananza vedevamo la cupola del Duomo e la torre della Sagra. "Vedi. Quello è tutto mio perché io sono la regina di Carpi. Prima di nascere ho scelto di venire qui". Capito che caratterino, tua madre? Bimbo avvisato!

domenica 14 luglio 2013

LA FORTUNA AIUTA GLI AUDACI. Un altro passo avanti per Papone che due anni fa, quando tu eri già in viaggio, abbandonò l'incarico di allora per accettare una proposta americana. Erano già tempi di crisi nerissima, lo "spread" veleggiava sui seicento, e la prudenza sconsigliava salti nel buio. Gli americani, poi, si sa ti premiano fin che produci e quando non gli servi più si fanno pochi scrupoli a dirti ciao-ciao. "Sarta chi zompa" dite voi a Roma e, a quanto pare, in famiglia abbiamo un atleta. Bravo Giovanni. Noi a Carpi, per dire la stessa cosa, diciamo "Chi g'ha boun tira" e anche tuo nonno non si tirò certo indietro da qualche bel salto. Padre di una bambina di un anno, che tu conosci, Ruggero abbandonò un posto fisso in comune per andare a lavorare in una radio. La Gabri era d'accordo, e nonno, come Giovanni quell'altro, l'ingegnere della canzone di Venditti, bruciò le sue sicurezze e visse solo di parole. Nato sotto il segno dei pesci, appunto. Tutto torna. E anche in quegli anni, bimbo mio, gli orizzonti non erano allegri. L'inflazione mangiava gli stipendi a diecimila lire al mese, il terrorismo centrava un bersaglio a settimana e nulla sembrava volere finire mai. Ce l'abbiamo fatta. E ce la farai anche tu che il coraggio non ti manca almeno a giudicare dalla cicatrice in alto a destra sul labbro. Hai affrontato Scala, hai lottato, questa volta ha vinto lei. Ma c'è sempre tempo per una rivincita, per farsi crescere i baffi e per tenere a mente, nel caso, che tirare la coda al gatto comporta dei rischi.

domenica 30 giugno 2013

"Secondo me, anche se non si dice, Valentino è più bello degli altri bambini". "Valentino E' più bello degli altri. C'è mica da vergognarsi a dirlo"... Vale, sono questi i discorsi che i tuoi nonni fanno quando tu sei con loro perché da quella prima volta, con trolley-la-foto-e-tutto-il-resto, di qualche settimana fa sei già tornato altre due volte. Aveva proprio ragioni la Pezzali: prima tante storie per darteli poi sono sempre lì. Adesso tua madre non telefona neanche più ogni venti minuti. Adesso va in birreria con tuo padre. Adesso glielo possiamo anche dire che le altre volte staccavo la suoneria del telefonino. La cosa che non sono sicuro di poterle dire è che per prepararti cena e colazione - perché a casa dei nonni è il nonno che cucina - delle sue prescrizioni me ne impipo allegramente. Valentino a casa sua ha i sapori di casa sua. A casa dei nonni quelli del nonni. Oh... mica niente di speciale eh? Solo qualche variazione, diciamo. Qualche segreto del cuoco. E visto che è un segreto non lo scrivo nemmeno qui, tanto che ti piace è più che evidente. Valentino deve abituarsi alla diversità. Valentino quando andrà in giro per il mondo dovrà assaggiare di tutto. Valentino è mica un americano che gli disegnano e arredano le stanze di motel  tutte uguali perché in qualsiasi città ritrovino le tranquillizzanti abitudini di casa. Valentino deve capire da subito che ognuno le cose le fa un po' a modo suo e vanno bene tutte. Valentino, che tra l'altro con il nome che porta non può che diventare un latin lover, capirà fin troppo presto che anche l'amore ognuno lo fa a modo suo. E anche qui va sempre bene, purché sia amore.

domenica 9 giugno 2013

NATIVO DIGITALE. Se non vedevo non ci credevo. Dici "uèuè" per dire acqua, "mamma" guardando la pizza bianca ma sai accendere l'iPhone. Il tuo ditino è come l'indice di E.T. quando spinge il bottone centrale mentre tu mi guardi e ridi birbone. Hai il sorriso di tuo padre e tuo fratello. Da "ligera" come dice tua nonna quando fa la milanese. Di me un po' gli occhi coreani, quel taglio vagamente orientale che fu anche di mia madre. Ma tempo per cambiare le carte in tavola ancora ce n'è. Tanto.

mercoledì 5 giugno 2013

LIBERTA'. "Ecco, è arrivato alla maniglia ed ha aperto la porta. Un altro passo verso il caos assoluto..." Questa la considerazione di tua madre postata qualche ora fa su Facebook. Cuore di mamma è trafitto. "Il mio bambino può decidere di andarsene". E prima o poi accadrà. Ti auguro più prima che poi. Impossibile prevedere che cosa ci sarà fuori dalla porta di casa tua nel 2030 ma varrà comunque la pena di esplorarlo. Da solo. Anche se per quella data la tecnologia dovesse averti portato tutto il mondo fuori dentro casa. Spezza ogni guinzaglio, bimbo mio. Sarà doloroso ma sarai felice di averlo fatto. Ti insegnerò a ragionare con la tua testa e a prendere in autonomia le decisioni che riguardano la tua vita. A rispettare te stesso per rispettare gli altri. A farti rispettare.

domenica 2 giugno 2013

ILARIA SARA' CONTENTA: tra tutti i giochi scegli le macchinine. Un bimbo che preferisce i giochi da maschio, alla faccia di tua madre, della sua sindrome da Lady Oscar e di quella sciroccata di tua nonna che non controlla e ti compra i regali rosa. Ilaria, la tata, era preoccupata quando ti vedeva spazzare per terra col mocio e non so se più per paura che prendessi abitudini femminili o di rimanere lei senza lavoro... Ottimo Vale! Vai avanti così a guidare il camioncino. Quando imparerai a parcheggiare in retromarcia comincerò a mettere da parte i risparmi per regalarti la Ferrari alla Festa di Laurea. Ricordalo a chi ci sarà se nel frattempo dovessi non esserci più. Intanto non mi preoccuperei più di tanto nemmeno se ti vedessi con in mano una Barbie. Tuo nonno non ha mai avuto un'arma giocattolo e non ha mai potuto giocare alla guerra che negli anni cinquanta andava ancora per la maggiore nei cortili di Carpi. I maschietti più fortunati avevano i fucili in miniatura e le pistole, se no andavano bene anche le scope modificate. Tuo nonno no. La guerra, quella vera, quella dei lutti e del dolore, era finita da soli dieci anni. La Lea non tollerava che suo figlio potesse sparare. Nemmeno per gioco. E poco importava se l'alternativa era giocare con le bambine. Ed è così che ti sei ritrovato un nonno antimilitarista. Che ancora oggi non sa se è più importante un colonnello o un capitano. E che ha sempre un po' di paura quando sul display del telefonino appare la chiamata del Generale.

sabato 18 maggio 2013

WELCOME BOY. La tua prima notte fuori casa.

ore 16 - La partenza. Diciotto ore fuori casa. cominciamo dalla valigia. Meno male che è grande. Tua madre ci infila di tutto. Mancano solo la moka, gli spaghetti e il pomodoro. Mammina, diciamo, è un po' agitatina. "Bimbo mio! Chissà cosa ti daranno da mangiare..."











ore 18 - L'accoglienza. Eccoti alla reception con il trolley. Più grande di te. E più pesante. Penso a quando partirai per una settimana di vacanza. Ti daranno un mini van al seguito con bauli, cappelliere e trasportini. Nonna e io avevamo fatto una scommessa. "Vedrai che quella pianta sul tavolino tua figlia non te la passerà". "Ma no... sei più agitato di lei! Lo vedi che non ci arriva... Che non cade...". Arrivate voi. "Mamma! Quel vaso lì secondo me se lo tira in testa!!!" [CVD] Alla fine l'abbiamo spedita via. Ma che fatica. Secondo me si è fermata a dormire al motel di Fiano. Che voglia di chiamarla e dirle "Agne!!! Non trovo più Vale! Avevi chiuso il cancello prima di uscire?"




ore 20 - Tua madre ha già mandato il primo messaggio. Ero stato maligno. E' a casa. Noi qui alle prese con le pappe. La nonna prepara la minestrina pasta e-parmigiano, il nonno la fettina di vitello. E poi fuori a fare vola-vola-vola nel vialetto. Che scemotti questi vecchi felici come due bambini.


ore 22 - Bibo, latte e suona il silenzio. Vale per la prima notte fuori casa a letto con una donna. Sì, lo so, è 'na vecchia... ma quante ne vuoi?







Vale! Tutto il mondo parla del tuo primo sleep over. E tanti altri ne seguiranno. Con i nonni è sempre così. La prima volta per i genitori è inevitabilmente un trauma poi... ci prendono gusto.



lunedì 13 maggio 2013

NOTTE BIANCA. Evviva! Oggi è arrivata la comunicazione ufficiale: "Vi comunichiamo che il vostro adorato nipotino festeggerà con voi la notte bianca il prossimo sabato 18 maggio". Vale! E' andata!

domenica 12 maggio 2013


ESAME SUPERATO. La "commissione tecnica" (tua madre e tuo padre) ha verificato la sicurezza della casa: Valentino potrà finalmente passare il week end a casa dei nonni. I lavori sono stati completati, gli oggetti pericolosi, perchè-tu-tocchi-tutto-ma-proprio-tutto, sono stati spostati, le prese di corrente sono state tutte cambiate, cancelletti installati in fondo e in cima alle scale. Mancano i fermasportelli ma in settimana ce li procuriamo. Vale! Lo tieni un segreto? Appena siete usciti ho smontato i cancelletti.Eviteranno a te di farti male sulle scale ma questo povero vecchio ha già rischiato di inciampare un paio di volte. E proprio non vorrei che la tua prima frase di senso compiuto fosse: "Nonnaaaaa!!!! Il nonno è caduto dalle scale!!! hahahaha..."

sabato 11 maggio 2013

DEI VACCINI E DELLE PENE. Le nostre. Tutto a posto ma l'ansia è stata innegabile. Tanta. Ansia da vaccino esavalente. Il terrore che la ruota della sfiga potesse fermarsi proprio su di noi. Rarissimi, ma non per questo impossibili, sono i casi di autismo contemplati nella lista degli effetti collaterali. Rarissimo ma accade. E accade che tocchi alle persone che hai vicino, con cui parli ogni giorno, cui vuoi bene. Un padre la cui vita, e quella di suo figlio, è cambiata per sempre. Ti dici che il rapporto rischi - benefici è fuori da ogni discussione, ti ripeti che l'aver vaccinato il novantanove-virgola-nove per cento dei bambini ha ormai cancellato malattie gravissime come la difterite, il vaiolo, il tetano, la pertosse, ti ricordi che solo cinquant'anni fa a scuola con te c'era un bambino con la manina piccola, esito da polio, nella classe vicino un altro che zoppicava, ri consoli pensando che questo non c'è più, ma fatichi a prendere sonno. E rimugini. Un po' ti girano le balle grazie alle anime belle, che ci sono sempre, e in questo caso sono le madri-organizzate-contro-i-vaccini. Quelle che possono strillare "mio figlio no!!!"per il solo fatto che milioni di altri genitori, dando fiducia alla scienza, hanno permesso di rendere l'ambiente sicuro per tutti. Se i loro figli non rischiano nulla, anche se non immunizzati, è perché la vaccinazione di tutti gli altri ha azzerato il rischio. Per tutti e anche per loro, le mamme che fanno le frocie col culo degli altri. Opppsss... Tu tappati le orecchie.  Ma quando ce vo' ce vo'.

domenica 28 aprile 2013

AUTORITA'. Adesso ti rivelo una cosa che quando tua madre la leggerà rosicherà da morire. Lei che come tutte le mamme ripete inutilmente  no-No-NO!!!  a te che, come tutti i bambini, continui a fare, toccare, arrampicarti come se nulla fosse. Oggi, mentre solo io ti stavo guardando, sei praticamente entrato tutto in un mobiletto per agguantare la lampada a gas sempre pronta  in caso di black out.  La sfiori. Ti basta un mio solo NO a bloccarti. Ti giri, mi guardi con un sorriso da fetentone, apri le manine come a dire "non lo faccio più" e torni da tua madre a farti dire no-No-NO!!!. Tuo nonno orgoglione.

domenica 21 aprile 2013

BAMBINO VERGOGNOSO. Avevo deciso di non scriverti più! Così impari a schifarmi... :-) Ogni volta che ti prendo in braccio lì a respingermi con le manine. E se mi avvicino mentre sei in braccio alla mamma nascondi la testa sull'altra spalla. E io arrivo di là e tu torni di qua. E torno anch'io. E via così fino a che mi fai un sorrisone, mi prendi gli occhiali e mi infili la stanghetta in un occhio. Poi li recupero tutti spalpucciati, ma ti perdono. Ti perdono perché ancora ti illudi di cancellare ciò che vedi semplicemente chiudendo gli occhi. E perché improvvisamente mi ricordo quanto anche io fossi vergognoso e attaccato alla gonna della Lea. Che poi tua madre la gonna non ce l'ha e i jeans si acchiappano anche meglio.

Pensa Vale che io ero così timido che quando mi lasciavano con una persona che non appartenesse al cerchio magico della nostra famiglia (oggi si dice così) restavo paralizzato. Restavo in un angolo con un giocattolo e lì restavo inchiodato. Non avevo nemmeno il coraggio di dire che dovevo fare i miei bisogni e a volte puoi immaginare come finiva. Alla scuola materna durai un paio di settimane poi dovettero ritirarmi. A parte che gli asili degli anni cinquanta te li raccomando. In colonia, perché all'epoca c'erano ancora i soggiorni estivi per i figli dei dipendenti, dovettero venirmi a prendere dopo pochi giorni. Timidissimo. E anche rompiballe, Come te! "Ma come? Uno  che parla tranquillamente a centinaia di migliaia di persone e sembra anche divertirsi?". Ti confido una cosa Vale, ma tienila per te. Ancora oggi posso parlare a milioni di persone, per ore, purché non le veda. Alzando gli occhi devo vedere solo poche, pochissime, facce amiche e attente. Ancora oggi mi ritrovo il cuore in gola se devo parlare a una sala di dieci-venti persone. In questi casi facilmente perdo il filo. E' per questo che declino ogni volta che posso inviti a parlare in pubblico o, peggio che mai, in qualche aula scolastica.

lunedì 1 aprile 2013



MA CHE STAI A DI? Va bene che è la tua primissima parola ma il cibo si chiama "pappa", non "mamma". Non ci volevo credere: vedi la forchetta con le pennette al ragù pronte a partire in direzione della tua bocca e, prima di spalancarla, dici "mam-ma"! Bah... tuo nonno guardava i semafori e diceva "nave" ma quello è un  altro film.

lunedì 18 marzo 2013

BOY ON THE MOON. Finalmente ti ho visto camminare. Ti manca lo scafandro. Sei preciso preciso Armstrong e Aldrin quando scendono dal modulo Eagle. Sicuramente con la stessa emozione nel cuore anche se il tuo tragitto, per ora, è dalla sedia al divano.

sabato 9 marzo 2013

VALE NELLA FATTORIA.

Vale, come fa il gatto? MAAAAA
e il cane? UA' UA' UA'
e la rana? CRRRRR
il lupo? AUUUUUUU
e Valentino? UA' UA' UA'

Bimbo mio, questo me l'ha riferito tua madre. Passi troppo tempo con Lula. Ma non ti montare la testa. E' vero che Romolo e Remo furono allevati da una lupa ma Roma è già stata fondata!

venerdì 8 marzo 2013

ERA DESTINO. Non poteva che andare così, che i tuoi primi passi li vedessi via web da trecento chilometri di distanza. Tua nonna in realtà me lo aveva già comunicato che da qualche giorno hai cominciato a camminare. Ieri sera, dopo avere trascorso il pomeriggio con te, è entrata in casa imitandoti. Muovendosi alla "nonna orso", malferma sulle gambe e con le mani per aria, ha esclamato "Cammina!" . Ero sopra pensiero e ci ho messo un po' a capire che parlava di te. Poi, rosicando un po', ho pensato ad altro. Fino a stasera. Arrivo in albergo, apro la valigia, accendo il tablet e vi videochiamo per dirvi che sono arrivato. Il tuffo al cuore quando tua madre gira il telefono e ti inquadra mentre cammini per casa accanto a Lula. Piuttosto sicuro, ti dirò.  E che impressione vederti tutto vestito, pronto per uscire e con le scarpe. Un uomo. Alto, bello. L'astrologa ci aveva visto giusto: farai strage di femmine. E te lo dico oggi che è l'otto di marzo.

mercoledì 6 marzo 2013

L'E' UN PCHE' MURIR. Peccato dover morire... E'un  modo di dire molto comune tra i nostri vecchi e lo ripeteva spesso anche mia madre, curiosa com'era del futuro, che però non riuscì nemmeno a vedere il duemila. Un'espressione che mi è tornata in mente l'altra sera quando, sul cellulare, mi sono trovato una chiamata persa tramite Face Time. Face Time è la messaggistica video di Apple. Quando tu leggerai queste pagine sarà probabilmente già vecchia, oggi è ancora una novità. Dicevo, trovo questa chiamata  e chiamo subito tua madre. "Mi avevate cercato?". "Ah... no, scusa, è stato Valentino che ti ha chiamato per sbaglio". Ma come? Non cammini, non parli, già chiami su Face Time?  Immagino i bambini di domani come dei piccoli ET: tutta testa e ditone. Il resto non serve. Io avevo 35 anni quando uscirono le prime rubriche elettroniche. Lo stupore di potere digitare un nome sulla tastiera e leggere il numero di telefono. Fino allora solo agendine e agendone cartacee. "L'ho segnato col nome o col cognome?". Non avevo 40 anni quando arrivavano sul telefono - solo uno, quello di casa - gli scherzi anonimi. "Guarda che ho un dispositivo che vede il tuo numero! Ti ho scoperto!" dicevo barando e senza immaginare seriamente che domani avremmo avuto l'identificativo del chiamante. Erano già gli anni novanta quando mostravo a tua nonna un settimanale nel quale si diceva che presto ognuno di noi avrebbe avuto un numero individuale e un telefono senza fili da tenere in tasca. E che in America stavano pensando a una "rete" - parola per me fantasiosa- dove sarebbero passate tutte le informazioni. Avevo 42 anni quando pensionai la vecchia macchina da scrivere, quella che se ti sbagliavi strappavi il foglio e ricominciavi, quella con le cartine bianche per cancellare, quella con la carta carbone e i fogli sottili per le copie, e comprai il mio primo personal. Windows 2. La rivoluzione della video scrittura era già un miracolo. Ne avevo 50 quando cominciai a ritrovare, in quella famosa "rete," tutti i vecchi amici persi di vista. A 55 con Facebook tornai, virtualmente, nella piazza di Carpi con gli amici di trent'anni prima. A scherzare, a darsi battute, anche a confrontarsi seriamente. Fra tre giorni avrò 61 anni. Mi sono già regalato l'iPhone con l'assistente vocale e da due giorni le faccio dire di tutto. "Che ore sono a Pechino?" "Che tempo farà sabato a Urbino?". "Scrivi questa mail al direttore". "Cantami una canzone". E lei "Non ti conviene". "Dai cantami una canzone". "Guarda che sono stonata come una campana". "E dai, non farti pregare. Cantami una canzone" "Non c'è nessuna canzone nella libreria". "E via! Cantami una canzone!!!" "Allora a tuo rischio. Tu mi fai girar, tu mi fai girar, come fossi una bambola..." Vale! E tu già fai le chiamate con Face Time. L'é propria un gran pché murir.

lunedì 4 marzo 2013

4 MARZO. Oggi la bisnonna Silvia compirebbe 95 anni. L'unica che, anche se solo per qualche settimana, ha potuto tenerti in braccio. In assoluto la più longeva. Quella che aspettò i 34 anni per dare alla luce la prima e unica figlia. Apparentemente la più fragile, nei fatti una roccia.  Una vita segnata dalle separazioni. Due fratelli. Uno deportato e ucciso nel campo di concentramento di Mauthausen. Uno partito per la guerra e mai più ritornato dalla Russia. Una sorella andata a cercare una vita migliore in Argentina. Partita nel 1954 e rivista due volte sole. Una figlia partita per Roma che per dieci anni la seguì da lontano e negli ultimi sei se la tenne vicina e la seguì con una dedizione immensa. Un marito, capace di una fedeltà inossidabile, che le rimase accanto per cinquantacinque anni. Un genero col quale litigò ogni santissimo giorno. Le battaglie per lasciare uscire la Gabri con la minigonna. Quelle per le vacanze. Due famiglie così diverse, la sua e la mia. E poi quel matrimonio un po' fuori dagli schemi, quel ragazzo che rifiuta il ruolo del marito tradizionale, che fa la spesa, che cucina, che mangia poca carne, che fa il mammo, che si licenzia dal Comune, che fa la radio e che poi si licenzia anche da lì, che molla tutto e che va a Roma. Mi rendo conto, Vale. E evito di riferirti di quella volta che i tuoi nonni avevano accarezzato l'idea di mollare tutto tuttissimo e andare con tua madre, che aveva sei anni, a fare i cooperanti in Nicaragua. Alla fine scelse il destino. E lo fece alla grande. Di tua bisnonna Silvia, quella che oggi avrebbe 95 anni, ti auguro di avere ereditato il gene di lunga vita.

domenica 17 febbraio 2013

TOMBOLA! Con il primo regalo di compleanno i nonni hanno fatto centro. Un piccolo triciclo a forma di aereo con le eliche che girano, azionate dalla cloche. Una, centrale, con le lucette tipo luna park, e due laterali. E una serie di musichette. Un'americanata alla quale dovrò fare l'abitudine io prima di te. Che tu poi sei tranquillissimo. Sei entrato, l'hai visto, e hai cominciato a camminarci come non avessi  fatto altro in vita tua. Camminarci. Ebbene si. Da questa settimana la tua posizione è sempre più eretta anche se solo una volta  sei stato visto muovere un paio di passi senza sostegno. 

Se no sempre appoggiato ai tricicli come quell'altro, rosa, che ti regalò tua nonna qualche mese fa. Si rosa. Perchè la Gabri non l'aveva controllato al negozio e non si era nemmeno accorta che sulla scatola c'era una bambina. Sai le risate. "Ne porterà le conseguenze per il resto della vita" sghignazzava tuo padre pensando a quando lo avrebbe visto Ilaria, la tata, giovane ma all'antica, di quelle che i maschi devono giocare coi giochi da maschi e le femmine pettinare le bambole. E tua madre "vorrà dire che lo alleverò come Lady Oscar a rovescio". Questo aereo è giallo e azzurro, così non sbagliamo. Mi è piaciuto subito quando l'ho visto al negozio e non ho avuto dubbi. L'aereo è simbolo di libertà. I primi sogni di bambino che ricordo con maggior piacere sono quelli in cui volavo. Improvvisamente mi alzavo e nuotavo libero nell'aria, come in un quadro di Chagall. Bellissimo. Ancora oggi mi capita, sempre in sogno, di prendere un ascensore che poi esce dall'ultimo piano del palazzo e va sempre più in alto. Non è la stessa cosa. Sono in una scatola, ma è sempre piacevole. E' la scatola dei miei affetti che mi tengono legato a terra. Siete tutti voi.

sabato 16 febbraio 2013

AUGURI TATO! Buon compleanno. Un anno fa c'era stata da poco la neve, Roma era ancora sottosopra e per te era giunto il momento di uscire a vedere che cosa c'era. E ci trovasti un ospedale da terzo mondo. Gente preparata, affidabile ma una struttura al collasso. Tua madre non entrò in una stanza per tutti i tre giorni di degenza. Letto nel corridoio. Erano gli stessi giorni in cui, nello stesso ospedale, un blitz al pronto soccorso trovava pazienti semi incoscienti, legati alle barelle anche più giorni. "Ma il mio nonno giornalista non poteva farmi nascere in una bella clinica convenzionata?" devi aver pensato. Tuo nonno non si è mai intromesso nelle scelte dei tuoi genitori come spera fortemente di non essere mai tentato di farlo nelle tue. Tuo nonno,inoltre, quella figlia che detesta i privilegi l'ha sempre amata anche per questo. Tuo nonno quando da bambino andava in un qualche posto e suo padre gli diceva "Digli che sei il figlio di Gino Po" non lo faceva mai. Magari quando sarà un po' arterio si riempirà la bocca declamando "Sono il nonno di Valentino". Nel caso sparagli. E' meglio. Domani il regalo.

domenica 3 febbraio 2013

Vedi di non perdere tempo e di imparare presto a giocare a Ruzzle o rischi di rimanere fuori dal giro. La scena di oggi vale la pena raccontarla. Tu con tua nonna e Peggy a fare nghè-nghè e tuo padre, tua madre e tuo nonno [che poi sono io ma un po' mi vergogno e prendo le distanze] che giocano a Ruzzle fra di loro, ognuno col suo cellulare, senza curarsi di voi. "Tu come ti chiami?" "Io Raggiro". "Ora ti invito". "Non mi prende Cina". "E certo. Niente nomi geografici". "Evvai!" Troppo avanti. O troppo fusi. Quando sarai in grado di leggere queste righe certamente nessuno ricorderà più che cos'è stato questo gioco, questa meteora filiazione passeggera dell'intramontabile Scarabeo. O più facilmente appena conoscerai il significato e la grafia delle parole tu, nativo digitale, sarai in grado di battere questo povero vecchio che però con la tecnologia si difende. Che cosa ti regalo fra dieci giorni per il tuo primo compleanno? Pallone? E' presto. Peluche? Me lo tiri dietro. Forno di Barbie? Quasi quasi... qui se non sai vincere a Master Chef non sei più nessuno.

domenica 27 gennaio 2013

IL BAMBINO A MOLLA. "Mamma, io a quanti mesi e quanti giorni ho incominciato a camminare?". Vale, deciditi, perché l'attesa ci distrugge. Dato ormai per assodato che quella parola, "cane", che io e Ljuba abbiamo sentito pronunciare dalle tue labbra il giorno di Natale, probabilmente non era una parola ma un chissà-che-cosa, quello che ora aspettiamo, pronti per l'applausone, è il primo passo. La nonna dice che l'altro giorno, mentre eravate tu e lei con te che le stringevi due dita con le manine, ne hai fatti tre di passi. Ma vorrei proprio vedere che a lei omologassero questa performance mentre io resto il visionario che ogni volta che ripeto l'episodio del cane tuo padre mi dice  "eccerto... con me ha detto metempsicosi". Tornando al primo passo tua madre lo fece alla festa del suo primo compleanno attraversando la stanza tutto d'un fiato. 


Se hai preso da lei il 16 è vicino. Intanto c'è da dire che gattoni come un micio. Sei un bambino a molla. Ti tengo sulle ginocchia, un po' mi sorridi, un po' mi fai "cara" e intanto qualcuno gira la chiavetta che devi avere da una qualche parte sulla schiena. Poi ti divincoli, fai capire che vuoi essere messo a terra e appena tocchi il pavimento parti come un razzo. Se non sei tu che ti butti addosso a Lula è lei che si butta addosso a te. Ogni sera bagno e cambio vestiti totale. Per una strana legge della fisica non è lei che profuma di bimbo ma sei tu che puzzi di cane.

domenica 13 gennaio 2013

Verrà presto il giorno in cui basterà telefonarci per fare delle delle belle chiacchierate. Oggi, per esempio, è uno di quei tranquilli pomeriggi domenicali in cui ti chiamerei per raccontarti la storia meravigliosa della tua mamma e della notte in cui si affacciò a questo mondo. Trentacinque anni fa a Carpi era un gennaio freddissimo e forse per questo la piccolina  preferiva trattenersi al calduccio. Arriverà a Capodanno, avev previsto il calcolo delle settimane, e la valigia per l'ospedale era pronta da Natale. Laura, carissima amica che aveva deciso di assistere al parto, si era trasferita da noi per non perdere lo spettacolo, caso mai fosse, come poi fu, in notturna. Domenica 15 ospedale. Il tempo è scaduto. A mezzanotte suona il telefono. "Sua moglie è al travaglio". Laura e io usciamo di corsa. Agguanto il primo libro che trovo. "Il ritratto di Dorian Gray", figurati. Mi fiondo nella cameretta. L'ostetrica mi fa "dal battito direi che è una femmina". Meno male - penso - avevamo pronto solo il nome Agnese che difficilmente avremmo potuto riciclare per un maschietto. Accarezzo la mano alla nonna "come stai Gabriella? Sei sicura di stare bene? Tutto ok?". Bastarono tre minuti per farmi cacciare "mandami la Laura per favore, vai a leggere qualcosa intanto...". Oscar Wilde, figurati, fino alle due e mezza quando vedo che vanno a chiamare il ginecologo che sta dormendo nel suo studio e che mi passa davanti con una Marlboro tra le labbra, sigaretta che non spegne nemmeno quando fa nascere, venti minuti dopo, la meraviglia delle meraviglie. Solo trentadue anni dopo scopro che in quello stesso giorno, lunedì 16 gennaio 1978 ore 9, sul "Programma Nazionale"di Radio RAI, va in onda la prima puntata di "Radio Anch'Io". Da due settimane, su Radio Bruno, avevo creato un programma uguale nella struttura, e in onda nello stesso orario, che si chiamava "Carta Bianca".