lunedì 27 febbraio 2017

Libera pasta in libero Stato

"E' un poco moscia". La pasta. Cioè la scatola scrive 12 minuti, la cuociamo nove, e la giudichi "tenerina". Con tutto che tua bisnonna la trovava cruda dopo venti minuti quando ormai usciva dalla pentola da sola. Dio benedica i tuoi dentini da latte, ragazuolo. Ieri l'ho assaggiata dopo sei minuti. Boh. L'ho fatta assaggiare a tua madre la quale ha fatto una faccia poi ha deciso "diamogliela così". Un filo d'olio e l'hai spolverata via in un baleno. Faceva crunch crunch.

 A proposito di pasta da ieri sei ufficialmente arruolato aiuto fornaio. Garzone. Qui da noi, da una decina di anni, il pane emiliano lo si fa in casa. Cominciammo quando i tuoi bisnonni, Silvia e Attilio, si trasferirono qui vicino a noi lasciando la terra nella quale avevano vissuto per oltre ottant'anni. Si adattarono a tutto con un'elasticità inaspettata. Ma al pane no.
 "Kè in n'al san mia fèr", "Qui non lo sanno fare" dicevano entrambi alle prese con rosette troppo gonfie e troppo dure. Cercai panifici "moderni". Uno mi disse "ho la moglie mantovana, proviamo". Ma nemmeno quello era accettato. Ci mancava l'ingrediente segreto, lo strutto. Quello che quando passeggi nella Bassa Modenese, per le vie di paese, ti fa sentire odore di maiale ad ogni angolo di strada. Quello che se lo citi da Firenze in giù ti allontanno con le dita incrociate del vade retro. La stessa cosa che accade da Firenze in su col peperoncino. Io li adoro entambi. Così mi feci dare la ricetta. Un chilogrammo di farina 0, sale, lievito, 450 dl di acqua, 50 dl di strutto. Il dieci per cento rispetto all'acqua e il gioco è fatto. La macchina impasta e poi passi alla confezione. I baulini, rotolini di pasta tirata fine e poi tagliata al centro. Le crocette, praticamente due strisce prima arrotolate a forma di grissino e poi unite al centro. Con le crocette te la cavi benissimo e, probabilmente, grazie a te abbiamo trovato un nuovo nome: "La stella morta". Perchè in effetti la crocetta cruda, sollevata in mano, sembra davvero il corpo ammosciato di una stella senza vita.

domenica 19 febbraio 2017

SONO PRONTO PER PICCHIARE

"Sono pronto per picchiare". La cosa più sorprendentemente bella che mai mi sarei aspettato di sentirti dire all'apertura del tuo regalo di compleanno da parte dei nonni. Cioè noi. Già mi ero sorpreso che tua madre, sempre attenta a non farti crescere troppo maschiaccio, mi avesse suggerito di acquistare un punchingball. Lei che da piccolo ti regalava, o suggeriva di regalarti, forni e pentolini che regolarmente ignoravi per dedicarti a macchinine e betoniere. Ma che l'accoglienza fosse addirittura così entusiastica è stato un regalo che tu hai fatto a me. In un certo senso il riscatto del bambino che giocoforza io fui, un bambino cui venne sempre impedito di partecipare a giochi violenti. Un bambino, sempre io, che proprio nelle pentole e nei fornelli trovò altri modi per divertirsi. Il primo budino lo cucinai in piedi su una sedia più o meno alla tua età. Budino EBO. Prima mettevo la polvere, la stemperavo con un poco di latte freddo, poi aggiungevo latte e riscaldavo, mescolando, fino a quando era cotto. Appena il "grande" che mi sorvegliava si distraeva aggiungevo un pizzico di sale, o altre cose che mi capitavano a tiro. Mica per tirare scherzi a chi comunque, assaggiandolo, mi avrebbe detto "è proprio buono". Solo per sperimentare cose che esulavano dal protocollo e leggere sulle facce degli altri, che comunque dicevano "è proprio buono", l'effetto delle modifiche. Un'abitudine, quella di cucinare e improvvisare, che non ho mai perso. Tu allenati a picchiare, che va bene così. Solo per difesa ma picchia. Non farti cogliere impreparato quando la vita ti aggredirà, definisci un obiettivo e colpisci. E buon compleanno, bimbo mio.