mercoledì 22 aprile 2020

LA GRANDE PANDEMIA DEL VENTI.  Mi piace immaginarti nel 2100 quando, ottantottenne, parlerai con i tuoi bisnipotini che faranno i capricci per non andare a scuola. "Pensa - gli dirai con la voce da nonno saggio e divertente - durante la grande pandemia del venti io, ero in seconda elementare, smisi di andare a scuola a febbraio...". Ma forse all'epoca gli edifici scolastici con le aule, i banchi, le maestre e i bidelli non ci saranno più. Probabilmente ciò che state sperimentando in questi giorni, con l'insegnamento a distanza, in collegamento internet sarà un'abitudine consolidata da decenni. Forse farà ridere pronunciare la parola "internet" o "skype" perché solo i vecchi ricorderanno questa rete; quest'epoca in cui si polemizzava sull'introduzione del 5g. E voi sarete già al 5mila G. O chissà dove...
L'esperienza che oggi stiamo vivendo, in questa primavera del 2020, è unica per tutti. Mai, dico mai, era successo in un Paese moderno che tutti fossero obbligati a restare in casa per due mesi. Le scuole non erano state chiuse nemmeno durante le guerre mondiali. Adesso per evitare di contagiarci a vicenda possiamo uscire di casa solo per poche circostanze ben certificate e ancora più difficile è uscire dal proprio comune.
Tu e io, Valentino, la tua famiglia e i nonni non ci incontriamo dall'8 marzo. E meno male che con le video conferenze ci possiamo parlare e vedere ogni volta che lo desideriamo. Le stesse video chiamate con le quali qualche volta fai lezione e tutti i giorni giochi con Cristian che sta a Milano, chiuso in casa anche lui. Siamo tutti come nella casa del Grande Fratello. Tutti come in un bunker antiatomico sapendo che quando usciremo il mondo e le cose saranno ancora lì ma tutti noi saremo cambiati. Profondamente. Ho voglia di abbracciarti Vale. Ma in teoria non potremo abbracciarci e baciarci fino a quando loro non diranno "vivis". Come quando ero bambino io e, nei giochi di strada, tipo mosca cieca, c'era un momento in cui tutti dovevano fermarsi, senza muovere un ciglio. Accadeva quando uno del gruppo urlava "Mortis!". E tutti stavano immobili, immobilissimi fino che sempre a quel tipo veniva voglia di urlare "Vivis!"