lunedì 18 marzo 2013

BOY ON THE MOON. Finalmente ti ho visto camminare. Ti manca lo scafandro. Sei preciso preciso Armstrong e Aldrin quando scendono dal modulo Eagle. Sicuramente con la stessa emozione nel cuore anche se il tuo tragitto, per ora, è dalla sedia al divano.

sabato 9 marzo 2013

VALE NELLA FATTORIA.

Vale, come fa il gatto? MAAAAA
e il cane? UA' UA' UA'
e la rana? CRRRRR
il lupo? AUUUUUUU
e Valentino? UA' UA' UA'

Bimbo mio, questo me l'ha riferito tua madre. Passi troppo tempo con Lula. Ma non ti montare la testa. E' vero che Romolo e Remo furono allevati da una lupa ma Roma è già stata fondata!

venerdì 8 marzo 2013

ERA DESTINO. Non poteva che andare così, che i tuoi primi passi li vedessi via web da trecento chilometri di distanza. Tua nonna in realtà me lo aveva già comunicato che da qualche giorno hai cominciato a camminare. Ieri sera, dopo avere trascorso il pomeriggio con te, è entrata in casa imitandoti. Muovendosi alla "nonna orso", malferma sulle gambe e con le mani per aria, ha esclamato "Cammina!" . Ero sopra pensiero e ci ho messo un po' a capire che parlava di te. Poi, rosicando un po', ho pensato ad altro. Fino a stasera. Arrivo in albergo, apro la valigia, accendo il tablet e vi videochiamo per dirvi che sono arrivato. Il tuffo al cuore quando tua madre gira il telefono e ti inquadra mentre cammini per casa accanto a Lula. Piuttosto sicuro, ti dirò.  E che impressione vederti tutto vestito, pronto per uscire e con le scarpe. Un uomo. Alto, bello. L'astrologa ci aveva visto giusto: farai strage di femmine. E te lo dico oggi che è l'otto di marzo.

mercoledì 6 marzo 2013

L'E' UN PCHE' MURIR. Peccato dover morire... E'un  modo di dire molto comune tra i nostri vecchi e lo ripeteva spesso anche mia madre, curiosa com'era del futuro, che però non riuscì nemmeno a vedere il duemila. Un'espressione che mi è tornata in mente l'altra sera quando, sul cellulare, mi sono trovato una chiamata persa tramite Face Time. Face Time è la messaggistica video di Apple. Quando tu leggerai queste pagine sarà probabilmente già vecchia, oggi è ancora una novità. Dicevo, trovo questa chiamata  e chiamo subito tua madre. "Mi avevate cercato?". "Ah... no, scusa, è stato Valentino che ti ha chiamato per sbaglio". Ma come? Non cammini, non parli, già chiami su Face Time?  Immagino i bambini di domani come dei piccoli ET: tutta testa e ditone. Il resto non serve. Io avevo 35 anni quando uscirono le prime rubriche elettroniche. Lo stupore di potere digitare un nome sulla tastiera e leggere il numero di telefono. Fino allora solo agendine e agendone cartacee. "L'ho segnato col nome o col cognome?". Non avevo 40 anni quando arrivavano sul telefono - solo uno, quello di casa - gli scherzi anonimi. "Guarda che ho un dispositivo che vede il tuo numero! Ti ho scoperto!" dicevo barando e senza immaginare seriamente che domani avremmo avuto l'identificativo del chiamante. Erano già gli anni novanta quando mostravo a tua nonna un settimanale nel quale si diceva che presto ognuno di noi avrebbe avuto un numero individuale e un telefono senza fili da tenere in tasca. E che in America stavano pensando a una "rete" - parola per me fantasiosa- dove sarebbero passate tutte le informazioni. Avevo 42 anni quando pensionai la vecchia macchina da scrivere, quella che se ti sbagliavi strappavi il foglio e ricominciavi, quella con le cartine bianche per cancellare, quella con la carta carbone e i fogli sottili per le copie, e comprai il mio primo personal. Windows 2. La rivoluzione della video scrittura era già un miracolo. Ne avevo 50 quando cominciai a ritrovare, in quella famosa "rete," tutti i vecchi amici persi di vista. A 55 con Facebook tornai, virtualmente, nella piazza di Carpi con gli amici di trent'anni prima. A scherzare, a darsi battute, anche a confrontarsi seriamente. Fra tre giorni avrò 61 anni. Mi sono già regalato l'iPhone con l'assistente vocale e da due giorni le faccio dire di tutto. "Che ore sono a Pechino?" "Che tempo farà sabato a Urbino?". "Scrivi questa mail al direttore". "Cantami una canzone". E lei "Non ti conviene". "Dai cantami una canzone". "Guarda che sono stonata come una campana". "E dai, non farti pregare. Cantami una canzone" "Non c'è nessuna canzone nella libreria". "E via! Cantami una canzone!!!" "Allora a tuo rischio. Tu mi fai girar, tu mi fai girar, come fossi una bambola..." Vale! E tu già fai le chiamate con Face Time. L'é propria un gran pché murir.

lunedì 4 marzo 2013

4 MARZO. Oggi la bisnonna Silvia compirebbe 95 anni. L'unica che, anche se solo per qualche settimana, ha potuto tenerti in braccio. In assoluto la più longeva. Quella che aspettò i 34 anni per dare alla luce la prima e unica figlia. Apparentemente la più fragile, nei fatti una roccia.  Una vita segnata dalle separazioni. Due fratelli. Uno deportato e ucciso nel campo di concentramento di Mauthausen. Uno partito per la guerra e mai più ritornato dalla Russia. Una sorella andata a cercare una vita migliore in Argentina. Partita nel 1954 e rivista due volte sole. Una figlia partita per Roma che per dieci anni la seguì da lontano e negli ultimi sei se la tenne vicina e la seguì con una dedizione immensa. Un marito, capace di una fedeltà inossidabile, che le rimase accanto per cinquantacinque anni. Un genero col quale litigò ogni santissimo giorno. Le battaglie per lasciare uscire la Gabri con la minigonna. Quelle per le vacanze. Due famiglie così diverse, la sua e la mia. E poi quel matrimonio un po' fuori dagli schemi, quel ragazzo che rifiuta il ruolo del marito tradizionale, che fa la spesa, che cucina, che mangia poca carne, che fa il mammo, che si licenzia dal Comune, che fa la radio e che poi si licenzia anche da lì, che molla tutto e che va a Roma. Mi rendo conto, Vale. E evito di riferirti di quella volta che i tuoi nonni avevano accarezzato l'idea di mollare tutto tuttissimo e andare con tua madre, che aveva sei anni, a fare i cooperanti in Nicaragua. Alla fine scelse il destino. E lo fece alla grande. Di tua bisnonna Silvia, quella che oggi avrebbe 95 anni, ti auguro di avere ereditato il gene di lunga vita.