lunedì 30 settembre 2013

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BELLO. C'è un solo aggettivo per definirti. Sei bello da metter soggezione. Mi ricordo improvvisamente di 36 anni fa, quando nonna Gabri aspettava mamma e Milly, fascinosa soubrette anni trenta, capace di far perdere la testa a un Re e a una grande scrittore come Cesare Pavese, le accarezzò la pancia. "Che cosa desideri per lui?". "Che sia sano" rispose senza esitare la nonna-in-salopette di fronte all'attrice brechtiana. E lei, ricordando i suoi tempi che furono "Ti auguro che sia anche bello. Facilita molto". E' vero, bimbo mio. E tu, come tua madre, lo sei. Armonico, grande, sorridente e accogliente. Non come tuo nonno, un piccolo ET alla tua età, con una fronte immensa su una testa fuori misura, due stuzzicadenti per braccia e in fondo dieci dita lunghissime. Un bambino sgraziato, un adolescente fuori dai giochi sportivi dei coetanei, un ragazzo che le ragazze non consideravano costretto a inventarsi un qualcosa di speciale per fare colpo. Le interviste ai cantanti e una radio che le trasmetteva. A diciassette anni. E la nonna abboccò. E' ancora qui. Come sai.

sabato 7 settembre 2013

MATERIALONE. Questo saresti tu secondo la definizione della prima maestra della tua vita. In realtà Nadia cercava la parola migliore per definire la tua irruenza. Il debutto in società è stato giovedì. Sull'ammissione al nido nessuno di noi nutriva troppe speranze e invece, con una discreta botta di fortuna, nel giro di poche settimane sono arrivate la conferma che eri stato preso e il primo incontro della mamma con le signorine che, facendole venire un mezzo infarto, le hanno detto "domani si comincia". Per ognuno di noi il primo giorno di scuola è uno degli eventi della vita ma per un genitore di più. Il primo distacco vero dopo il taglio del cordone e in attesa di tutti gli altri che verranno, dal primo viaggio da solo alla prima fidanzata. Per età dovresti stare nella classe di mezzo ma per dimensioni sei finito, dritto filato, tra i più grandi. E anche lì sei il più grande. Ricordo i miei digiorni all'asilo. Pochi in verità. 1956, o forse 57. Altro che il famoso "Modella Reggio Emilia" entrato in auge solo trent'anni dopo e del quale usufruì tua madre. Il Niccolò Biondo di Carpi era a tutti effetti una scuola, anche moderna e costruita per essere una scuola, ma con le aule, i banchi e la puzza di minestra, di cavolo e di pomodoro stantio nei corridoi. Ricordo con orrore il pisolino obbligatorio del dopo pranzo seduto con la testa appoggiata sopra il banco. Ricordo le maestre-istitutrici col pipullo. Ricordo i pianti liberatori quando la mamma veniva a prendermi. Credo che in tutto sia durato due settimane. Tu, invece, risulta che alla fine della giornata, mentre gli altri bambini corrono in braccio ai genitori che li sono andati a prendere, vorresti continuare a giocare. E che mentre gli altri bambini un gioco se lo fanno durare anche un'ora e mezzo a te, al massimo, lo stesso gioco dura due minuti. Un materialone. Come volevasi dimostrare.