CANE! Momento storico. La prima parola della tua vita è stata per Peggy. Nonno Ruggi e Ljuba confermano anche se tuo padre, che pure ha sentito, si rifiuta di omologare. Gelosia comprensibile. Tua madre stava ai fornelli e non ne vuole sapere nulla e tua nonna non so dov'era. Però, se ti fidi della parola di un nonno innamorato e di una signora ucraina per bene, la prima parola della tua vita è stata "Cane". Allora: io ero sul divano di cucina, tu sul pavimento ai miei piedi, Ljuba in piedi alla mia sinistra, Peggy di fronte a te. L'hai guardata e con una vocina deliziosa che ho sentito - strilli a parte - per la prima volta, indicandola hai esclamato "Cane!". Lo so. Per noi umani è dura. Ognuno aveva fantasticato di essere il prescelto. Ce ne dovremo fare una ragione. Resta comunque aperta la gara tra chi sarà il primo di noi. Io ci spero ancora.
E' stato un bel Natale. Niente di speciale. Diciamo una super domenica dopo la vostra abbuffata di ieri sera dai nonni Polegri. C'eravamo noi cinque e c'era Ljuba, la donna che per tre anni si prese cura della bisnonna e che da qualche mese ha trovato un'altra famiglia. Era fuori di sè dalla felicità. Dopo quattro anni da quando, clandestina, ottenne con il lavoro da noi il primo permesso di soggiorno, da due settimane ha la carta d'identità italiana. Quando, da grande, leggerai queste pagine, il periodo delle "badanti dell'est" sarà, spero, una fase della vita del nostro paese consegnata alla storia. Per ora, e da qualche anno, queste signore, spesso mature, che non hanno di che vivere in patria, sono l'unico modo per mettere in casa dei nostri vecchi una persona che si curi di loro. Pensa che Ljuba il suo nipotino Matteo, di poco più piccolo di te, non l'ha ancora visto. Vale! Non vedo l'ora di sentire nuovamente la tua vocina. Per ora mi hai regalato una quantità di sorrisi e di braccia protese quando mi sono avvicinato per prenderti. Un bel passo avanti.
martedì 25 dicembre 2012
mercoledì 12 dicembre 2012
L'ALBERO E' FATTO. E solo per te. Per i tuoi nonni è la prima volta in assoluto e, ti confesso, è stata un'impresa. Da giovani sposi mai un albero, mai un presepe. Non era roba da ragazzi con l'eskimo. Poi arrivò mamma e, solo qualche volta, qualche microalberello preconfezionato. Il Natale a casa Po non è mai stato eccessivamente celebrato. Niente tradizione del cenone. Grandi pranzi fino a che c'era la Lea. Bis a Santo Stefano dai nonni Lugli e nulla più. Io per moltissimi anni la mattina del 25 mi sono offerto volontario al giornale. Ma quest'anno è diversa. Un Valentino rincoglionisce anche i nonni di pietra e Valentino dovrà ricordarsi un sontuoso albero da sempre. Aggiungo che al giornale, per la prima volta, ho detto di cercarsi un altro di modo che, quando arriverete a pranzo, sotto all'abete troverai un sacco di pacchi colorati. E ci potrai gattonare in libertà. Farlo, come ti dicevo, è stato oltre le nostre aspettative. L'acquisto per cominciare. All'Ikea mi presento alla cassa con gli addobbi e chiedo l'albero. Me lo fanno pagare e mi invitano a ritirarlo fuori. Dovevo sospettarlo, ma fino a quando non arrivo al gazebo sono ben lontano dal pensare di avere comprato un albero vero. Sgomento. E adesso? La responsabilità di un essere vivente mi schiaccia. Lo prendo fra le braccia come riceverei un neonato all'ospedale. Lo carico in macchina attento a non fargli male e comincio a pensare a dove sistemarlo passata la befana. "Tolgo il pero che tanto non ha mai fatto una pera e lo metto lì." "Anzi no. Lo regalo a chi ha un prato più grande" Mannaggia a me che non avevo letto il foglio agganciato allo scontrino: lo riporterò all'Ikea e mi restituiranno un buono acquisto di pari valore. Ma i problemi, ben lontani dall'esaurirsi, cominciano ora. E te li risparmio. Ti dico solo che la lite è esplosa al momento di fare la neve. E aggiungo che, per la pace della famiglia, quest'anno dentro casa non nevicherà.
lunedì 3 dicembre 2012
"Tuo nipote ha i colori di sua madre, il naso e la bocca di suo padre e i tuoi occhi". Tua nonna, che con grande modestia si sfila dalla lista dei donatori, ben sapendo che i colori di tua madre sono anche i suoi, me lo ripete spesso. E devo dire che, se è vero, l'eredità genetica che ti lascio non è quel granché. Vorrà dire che integrerò. Ti leggerò tante favole insegnandoti a leggerle, a tua volta, ad alta voce. A scandire le parole senza mangiarle quattro a quattro come certamente faranno i tuoi amici romani. Ieri ti ho fatto il primo regalo tutto mio: un porcellino di peluche come quello che comprai per tua madre tornando dalla mia prima trasferta a Sanremo per il Festival. Anche questa volta tornavo da un viaggio fatto, con nonna Gabri, in giro per l'Europa. On the road, come quando eravamo giovani. Allora con il BIGE e negli ostelli. Oggi con la station wagon e nei comodi quattro stelle. Ma con lo stesso spirito. Andando dove ci ha portato il cuore e comprando tanti regali, soprattutto per te. La nonna le magliette e i completini, io il maialino rosa, grande quasi come te, che hai accolto con un grosso abbraccio. In realtà non vedo l'ora di poterti comprare i Lego e il Meccano e ricominciare a giocare con l'alibi di Valentino. Pensa che dal famoso cuore ci siamo fatti portare a Norimberga per visitare il museo del giocattolo più famoso del mondo. Vale! Una stanza occupata per intero da trenini, ferrovie e stazioni! Non puoi capire... Quando avrai sette otto anni ci andremo insieme. Altro che Euro Disney.
domenica 18 novembre 2012
VERRA' IL GIORNO CHE SARAI TU A RINCORRERMI: "A nonno! Caccia sti cinquanta euro che mi avevi promesso...". Per il momento i progressi fra noi due sono, diciamo, difficilmente leggibili. Non piangi più, e questo è vero, ma in braccio a me resti un grandissimo contorsionista che cerca solo di sfilarsi. Bah... diciamo che per ora mi basta osservarti crescere. Valentino che spazzola via una scodella intera di pappa, Valentino che si mette a bocca aperta aspettando il prossimo cucchiaino, Valentino che quando la mamma, distratta, gli sbatte la pappa in un occhio mi guarda con una impareggiabile espressione di "ma questa è scema. Tu la conosci?". Valentino che arraffa una tigella, la morde, la sventola trionfante e Peggy che si materializza dal niente, gliela sfila con un salto e se la va a mangiare sul divano. Valentino che, il nonno accetta scommesse, fra un mese cammina.
venerdì 26 ottobre 2012
SEI UNA BOMBA BATTERIOLOGICA, oltre che un cagone impareggiabile. E' bastata la tua prima vera influenza per metterci tutti al tappeto. Tutto comincia una settimana fa. Nonna Gabri e io a fare bisboccia in Friuli, tu per la prima volta in società, con i tuoi genitori. Un battesimo, tanta gente, tanti bambini. Un tuffo nei microbi. Ma quanti ne hai scovati?
Domenica sera i primi sintomi. La cosa precipita. Pronto soccorso come si conviene a un bambino d'oggi. Noi genitori della nostra generazione avremmo risolto con una bustina di qualche cosa nel bibo e continuato a cambiare pannolini caccolenti, ma proprio la settimana scorsa una paludata ricerca internazionale ci ha definiti pericolosi. Imperativo rieducare i nonni. Continuano a fare come facevano loro e invece è tutto sbagliato. Fortuna che tua madre è sopravvissuta se no mica sarei qui a scriverti. Comunque sia nonna Gabri lunedì ha fatto la sacca e, dopo aver dato buca a una vippissima cena in piedi, si è precipitata da voi. Tempo di contare fino a tre. La prima a capitolare è Ilaria, la tata. Poi tua madre nel cuore della notte. E alla fine, con grande spettacolarità, la nonna, che oltre a tutto l'innominabile di queste occasioni, cade per terra svenuta e fa accorrere il vicinato. E tu, sornione, col lamento di una sirena che ogni tanto si ferma per un minuto salvo riprendere come prima e all'infinito, osservi compiaciuto. Sono passati ormai tre giorni ma, dovessi dirti, nemmeno io, adesso, mi sento 'sta favola.
domenica 14 ottobre 2012
NONNO, PERCHE' MI SCRIVEVI OGNI QUINDICI GIORNI? Sono certo che me lo chiederai e che ti risponderò "perché ti vedevo due volte al mese, quando con i tuoi genitori venivi a pranzo ogni seconda domenica". Troppo poco. E mi dispiace. Tua nonna mi racconta tutto, lei che viene da voi tre volte la settimana. Ma non è la stessa cosa. Diciamo che io ho il privilegio di notare meglio i cambiamenti. Mettiamola così. E allora il nonno cronista entra in azione e annota che, rispetto a due settimane fa, Valentino comincia ad elevarsi aggrappandosi alla sponda del box. Prima si vedono le dita, quattro+quattro, poi spunta la testolina, poi gli occhi e una bocca tra il sorriso di ce-l'ho-fatta e la smorfia dello sforzo disumano. Altra annotazione a proposito della testolina: tutto lascia a pensare che sarai un bel biondone. "Ma come? Ci sono voluti otto mesi nonno? ". Beh, sì. La tua testa, a parte la peluria dei primi giorni, è stata e continua ad essere decisamente pelata. Diciamo per solidarietà a papà.
mercoledì 26 settembre 2012
UN UOMO CHE DA' FIDUCIA. Ma non ai bambini. Senti questa. Ore 13. Il nonno sui lunghissimi tapis roulant, in discesa, del Porta di Roma. Lui armeggia col cellulare. Davanti una giovane mamma con passeggino e bambino. Si e no l'aveva notata. Allarme. La giovane donna si gira: "Aiuto!!!! Mi aiuti... il bambino!!!!". Va a capire le agitazioni delle puerpere. Eroe per caso. Il nonno capisce che è la sua occasione. Infila il telefono col numero già fatto in tasca. Supera mamma, passeggino e bebè in un lampo. Tutto tranquillo. Semplicemente la ragazza, che non era riuscita a inserire il freno, aveva avuto l'impressione che il passeggino rotolasse giù. Il nonno bara: "Tutto sotto controllo! E tu come ti chiami? Ma quanto è grande...". "Filippo. Otto mesi ma sembrano molti di più". "Ci siamo spaventati, eh... Filippo? Ma ora è tutto a posto". Un'espressione già vista. Il mento trema. Il mescolino entra in azione. "Ma andate tutti a quel paese" pensa il nonno che se non sta attento, essendo di spalle e a fine corsa, fa un ranone da film. Ma gli eroi non cadono mai e, appena tornano al PC, vanno su Flickr e cercano le foto del bambino più bello del mondo.
domenica 16 settembre 2012
COMPLEMESE. Siamo a sette, bimbo mio. Quando si è piccoli così l'età si conta a mesi e sette è già un bell'andare. Per tua madre che ricomincia a condurre una vita quasi normale. E per te che cominci a staccarti dal cordone, quello emozionale, non meno forte di quello vero, ombelicale, e a trascorrere buona parte delle ore del giorno con Ilaria, la tata che d'ora in poi si occupa di te quando mamma è in laboratorio. E' giovane, affettuosa, ha spupazzato altri patatoni mocciosi prima di te e abita a due passi. Ci piace e ti piace. E a me piace pensare che, a differenza di tuo nonno, non sarai un bambino appiccicato alla gonna di mamma fino a che non andrai a scuola. E dai! Sono vecchio! Ma la mia mamma la gonna la portava ancora, quelle gonne un po' lunghe, così elegantemente anni cinquanta... quando saremo soli te la canterò. Giuro. Però non ci deve sentire nessun altro perché il nonno è stonato. Sette mesi significa anche, almeno spero, che si avvicina il giorno, il week end in cui i tuoi si toglieranno finalmente dai piedi e ti porteranno qui. Il lettino c'è. E' richiudibile e io e tua nonna ci stiamo allenando. Una trappola infernale per chi lo apre e lo chiude visti i raffinati meccanismi di sicurezza. Meritavamo un filmino che avrei messo su You Tube, oggi, quando lo abbiamo richiuso. Uno ripiegato su se stesso a centottanta gradi per girare una manopola a livello pavimento superando allo stesso tempo la sponda alta mezzo metro. L'altro a cercare quattro bottoni al centro di ogni sponda da pigiare contemporaneamente con due mani ma senza potersi aiutare con i piedi. Ma per te si fa questo ed altro.
domenica 2 settembre 2012
STURLONI. L'appuntamento con tua madre era per le dieci questa mattina al Porta di Roma. Lo so, il Centro Commerciale non è romantico, ma che cosa vuoi? Ci chiedevamo come sarebbe stato il duemila ed ora che siamo anche più in là ti confesso che mi è capitato addirittura di prendere un caffè con un collega all'Autogrill. E' l'America, bellezza. Mi sentissero certi nostalgici di quando il GR era al Babuino e il caffè scendevano a prenderlo da Rosati a Piazza del Popolo... Ma questo è un altro film. Torniamo al Porta di Roma, ore 10, al mosaico. Tu nel passeggino dormi rilassato. Sei immenso. "Ma è così cambiato o è solo quando dorme che ha la faccia di suo padre?" "Vero?... l'ho notato anch'io ... si sta giannizzando" "Ma in queste due settimane è triplicato! Ti diventa due metri..." Sono questi i discorsi che genitori e nonni fanno quando i bambini dormono. Ma poi i bambini si svegliano. E' un lampo, lo stupore incollato in faccia. "Oddio... ci ha trovati. Quello del mare!!!" Sorriso sparito. Contegno dove sei? UUUAAAAHHHHHH!!! Il "Ciao!" con la manina a Teletubbie non funziona più. La nonna: "Non fare la voce impostata. Lo sai che lo spaventi" E chi parla, era solo un "ciao" Tra l'altro mi sembrava di avere fatto la vocina. Idea! Mi avvicino e facciamo cin cin con la fronte. E vai!!! Una volta, due volte. Che bello. La giornata col nonno finisce a sturlate ("capocciate" visto che te sei de Roma). Prima o poi cominceremo a parlare. Ricordalo, eh. La prima parola "NO-N-NO". Noooo... la mamma non ci resta male. Vedrai come si divertirà!
sabato 1 settembre 2012
FRAMES. Ho trascorso buon parte del pomeriggio a rivedere, riordinare, editare, stampare, spaciugazzare le foto del mare. Scusa se l'altra volta, andando a memoria, a sentimento, ti dissi che mi ricordi me quando avevo la tua età. Devo ammettere che mi ero molto sopravvalutato. Nel sorriso ribadisco, qualcosa di comune c'è ma se il mio era quello ingenuo di un bambino un po' tontolone del pre boom economico, e grazieaddio che la Lea non mi faceva il tirabaci, il tuo è quello di una piccola canaglia. Solo oggi mi sono accorto che in uno scatto in cui tua nonna ti bacia sul collo, da dietro, tu guardi l'obiettivo con una faccia da "aiuto... ma che cosa vuole 'sta vecchia assatanata?". E poi, subito dopo, come ti stendi beato sulla sua tetta addormentabimbi che anche se è quella di una vecchia è sempre in forma. Se tanto mi dà tanto mi sa che ha ragione l'astrologa: femmine a vagoni e peggio per loro per quanto le strapazzerai. Vale! Il nonno ha voglia di scherzare. Soprattutto di vederti sperando che dopo quindici giorni non ricominci, come prima, a guardarlo di sottecchi. A domani.
lunedì 20 agosto 2012
TU CHIAMALE SE VUOI SOMIGLIANZE DELL'ANIMA. Quindici giorni insieme sono volati ma ci sono bastati per radiografarci reciprocamente. "Questo bambino ha molto di me" mi ripetevo avvertendo una sensazione che non provai nemmeno guardando tua madre alla tua età. La forma delle orecchie? bah... i piccoli sbalugamenti? ... quelli passano con i mesi. "Si, certo" rispondevano Agnese e tua nonna più che altro per non contraddirmi. Poi, tornato a casa mi sono precipitato nel cassetto delle foto. Tranquillo ragazzo. Tu non hai il mio testone a pera, il tuo occhio sinistro non è appoggiato sul naso e le tue orecchie, simili per forma, non sono certo a sventola - e poi dicono che tutti i bambini sono belli. Ciò che ci accomuna è il sorriso. Uguale. Aperto, spontaneo, sincero. Non perderlo mai, anche quando penserai che non ce ne è motivo. Il mondo ti sembrerà comunque meno ostile.
martedì 14 agosto 2012
A VOLTE LE COMBINAZIONI. Qualche tempo fa ti raccontavo di quella volta quando, all'età di cinque mesi, in vacanza con la mamma, fummo avvicinati da Van Wood, noto astrologo degli anni a venire, il quale si avvicinò al passeggino, mi guardò con benevolenza e disse alla Lea: "Suo figlio sarà un uomo molto fortunato". Oggi tocca a te. Daniela Nipoti, bella firma dell'astrologia di oggi, ti vede sul bagnasciuga del Gallanti e, rapita dal tuo sorriso malandrino, scambia due parole con tua madre. Successivamente, di fronte al tuo tema natale, mi dirà cose stupende di te. Sarai un uomo interessantissimo e pieno di risorse, un tombeur de femmes, dotato di una fantasia, unita a una manualità, che potrebbe portarti ad essere, dice la Nipoti, un architetto di successo. E poi tante altre cose che non ti riferisco se no cominci a montarti la testa anzitempo. Ti dico solo che già oggi, qui in spiaggia, io ho finito di essere Ruggero Po. Sono, solo, il nonno di Valentino.
mercoledì 8 agosto 2012
TERAPIA INTENSIVA. Ci voleva questo convivenza h24 per cominciare a darci del tu. Quindici giorni di mare dei quali i primi sette solo tu, io, tua madre e la nonna Gabri che è fuori di sè. Il primo giorno mi hai studiato senza dare nell'occhio, scrutandomi quando io fingevo di guardare altrove. La faccia rassegnata di chi pensa "se i miei genitori hanno deciso di continuare a frequentare questo signore con la barba cerchiamo almeno di capire chi è". Il gioco è questo: tu mi guardi, io fingo di non accorgermene, improvvisamente mi giro e faccio CIAO!!! con la mano aperta, alla Teletubbies. E tu giù con un gran sorriso. Agiti le braccia le mani e il corpo tutti insieme poi abbassi lo sguardo vergognosetto e pieghi la testa di lato. E' una gran bella vacanza questa che facciamo insieme nei luoghi che hanno visto bambini tua madre e prima ancora me, nella casa che i miei genitori comprarono negli anni del grande boom economico. La mia prima volta avevo undici anni. Per questi Lidi il progetto era quello di un prolungamento a nord della Riviera Romagnola: palazzoni (come il nostro), passeggiate a mare, luci e divertimenti. Per qualche anno davanti al nostro condominio ci fu un minigolf, il luna park era permanente, al Bagno Rocca's si esibivano i big dell'epoca, da Little Tony, a Rita Pavone ai Rokes. Io ci facevo i primi balli col batticuore. Poi arrivarono la crisi, l'austerity e tutto si bloccò prima che il progetto potesse essere portato a termine. Seguirono una ventina di anni di nè-carne-nè-pesce. I templi della precedente movida si trasformavano in archeologia del turismo anni sessanta e l'amministrazione locale pensò, felicemente, di trasformare le Valli, e i Lidi con loro, nelle Camargue italiana. Una zona protetta, di agriturismo e di birdwatching, di percorsi ecologici e di maneggi dove oggi mi piace trascorrere le vacanze. Lidi discreti, rigenerati, dove noi ritroviamo le nostre radici e tu, l'unico romano della combriccola, pianti parte delle tue.
martedì 17 luglio 2012
IL GIORNO CHE CI HA CAMBIATO LE NOSTRE VITE. 17 luglio di 25 anni fa, era un venerdì. Venerdì 17. Dopo anni di curricula a vuoto mandati alla RAI ero riuscito, la sera prima, a estorcere un colloquio alla mitica Signora Motta, dirigente dello storico 3131 di Radio Due. "Le selezioni per quest'anno sono finite" mi aveva fatto rispondere dalla segretaria. "Ma come? Ero in lista da marzo e voi avete chiuso senza convocarmi?". "Le passo la capostruttura". E fu lì che, facendomi assaggiare il caratterino che me la fece amare da subito, la signora Motta rilanciò: "La aspetto qui domani pomeriggio. Viale Mazzini, 14. Secondo piano". Erano lei sei di giovedì sera. Modena Roma, all'epoca, erano otto ore di treno. Di andarci con la R5 nemmeno a parlarne. Arrivai a Termini alle due. Un caldo mai sentito. Pressione sotto i tacchi. Semisvenimento su una banchina di marmo rovente. "Si tolga pure la giacca". Non potevo. La camicia era intrisa di sudore. Un'ora di faccia a faccia saltando di palo in frasca. A chi farebbe un'intervista impossibile? Nelle radio private usate il nagra? Lo saprà che Guerzoni è carpigiano come lei... Io riesco a recuperare una lucidità inaspettata e gioco tutto sul "mi prenda ora perchè domani potrei non essere più disponibile". Mi saluta ripetendomi che i colloqui sono chiusi da una settimana e che per di più "quest'anno non facciamo più contratto ai fuori sede per risparmiare sui contributi casa". Le dico che è stato comunque un grandissimo piacere conoscerla. Lunedì 20 mi fa richiamare dalla segretaria "Abbiamo mandato alla firma un contratto di nove mesi. Si presenti il 21 settembre". Nove mesi a me contro i tre dati a tutti gli altri. Il diciassette mi aveva portato fortuna e fu quel venerdì che decise del destino di noi tutti. Te compreso che se tua madre, che all'epoca aveva nove anni, non fosse venuta a Roma non avrebbe conosciuto tuo padre eccetera eccetera eccetera.
domenica 8 luglio 2012
IL BAMBINO DI GOMMA. Una scimmietta contorsionista. Non ti vedevo da molto tempo, sicuramente più di due settimane, e quello che più mi ha colpito, a parte il grande che sei diventato in così poco tempo, è la capacità di ciucciarti le dita dei piedi con la massima disinvoltura. Io ormai non riesco più a nemmeno vedere che cosa ho sotto la pianta dei piedi, ma questo è un altro film, "Il nonno di legno". Sei buffissimissimo. Ti sdraiano di pancia e riesci a rivoltarti a pancia in su. Ma da pancia in su a pancia in giù ci provi, ci provi, ci provi ma poi devi rinunciare. E non ti piace. Diciamo così. Anche oggi mi ero rassegnato a guardarti solo da lontano. Tra che ti vogliono solo per loro, e che dicono che ti spavento con il vocione, è una battaglia persa. E invece, improvvisamente, la nonna mi passa vicino con te in braccio e ti lancia senza preavviso in braccio a me. Ti acchiappo al volo, ti metto seduto sul tavolo rivolto verso di me, faccia a faccia e mi dico: o la va o la spacca. E' andata. Prima con le manine mi impabbi gli occhiali per bene e poi cominci a spalpucciarmi le labbra tirandole verso di te. Se questo è il prezzo... Intanto osservo silenzioso le tue orecchie e mi illudo di trovare qualche cosa di me. Speriamo, solo, che siano un po' meno a sventola...
venerdì 22 giugno 2012
martedì 12 giugno 2012
BAMBINO! QUI BISOGNA IMPARARE UN PO' DI EDUCAZIONE, EH... Vabbè che hai tre mesi e dimostri tre anni ma resti un poppante. Pensi che mi piaccia che tu ti metta a strillare ogni volta che mi avvicino? Che figura mi fai fare con la nonna, con i tuoi genitori e soprattutto con la prozia terremotata che ti ha visto per la prima volta domenica scorsa? Questa la scena. Tu sorridi sereno in braccio a tua nonna. Mi avvicino altrettanto sorridente. Metti a fuoco. Il sorriso sparisce. Il mento comincia a tremare e fai il "mescolino". Ti giri verso tua madre. Cerchi conforto e in un attimo UAUUUUHHHHH... . Se credi che mi piaccia ti sbagli. Comunque la Simo, la zia antropologa e terremotata, l'hai conquistata.
domenica 3 giugno 2012
ECCO LA PIAZZA CHE POTRESTI NON VEDERE MAI COSI.
Quando Annamaria Ori, profonda conoscitrice della storia e del patrimonio artistico di Carpi, mi ha riferito che per i danni riportati dalle scosse sismiche dei giorni scorsi, potrebbe rendersi necessario demolire il Duomo ho pensato a te. "Quando visiterà la città di sua madre Valentino vedrà un'altra Carpi". Presto per dirlo ma solo pensarci fa male. La nostra piazza è tra le primissime in Italia per dimensioni. Mi inorgogliva, a scuola, sentirmelo ripetere. Prima di noi solo Piazza dell'Unità di Trieste e un'altra. Credo San Marco. Forse Navona. Non ricordo. Certo tu sei nato a Roma e fra noi due non c'è competizione... Quelle che stiamo attraversando, noi della Bassa Modenese, sono giornate storiche. In nove giorni quattro scosse consecutive di terremoto ci hanno inflitto una ferita profondissima. Presto adesso per immaginare quando si fermerà e quanto tempo ci vorrà per rimettere in piedi fabbriche, case e chiese. Ora è il momento di dimostrare che quella dell'emiliano che si rimbocca le maniche senza piangersi addosso non è solo una leggenda. E permettere a Valentino, da grande, di andare fiero del suo cinquanta per cento di sangue carpigiano.

martedì 22 maggio 2012
SEI FORTE PAPA'. Oggi la multinazionale per la quale lavora ha dato a tuo padre l'incarico di Country Manager. Il numero uno in Italia. Solo nove mesi dopo la sua assunzione. Questi americani. Una bella carica di autostima per un uomo che da anni non si risparmia per tuo fratello, tua madre e per te. Vediamo che regalo ti porta. Perché alla fine è poi questo che a noi interessa, non è vero? Noi non ci incontriamo da una decina di giorni ma ieri ci siamo visti in Face Time. Tua madre mi ha chiamato mentre sguazzavi felice nella vasca da bagno. Totalmente a tuo agio, come solo io ricordo di esserlo sempre stato in acqua. Sei cresciuto tanto in pochi giorni. La tua gioia mi ha strappato uno dei pochi sorrisi veri in questi giorni tristi per la salute della bisnonna Silvia. Quella che continuava a dire che "sei proprio bella" e che ora, dopo solo tre mesi, non riconosce più nemmeno noi. Ha avuto il tempo di conoscerti e questa è una consolazione grande.
domenica 13 maggio 2012
TUA BISNONNA ERA COMUNISTA, TUO BISNONNO SICURAMENTE NO, e questo ha formato il carattere del nonno con cui presto avrai a che fare. Ci ho ripensato molto nei giorni scorsi, in occasione di un "tuffo nelle radici" per un premio che mi è stato consegnato dal Rotary della mia città. Un piccolo busto in bronzo di Alberto Terzo Pio, Signore di Carpi. Io, ex giovane radicale e di sinistra, tra il notabilato locale che un tempo snobbavo e mi snobbava. Che cosa ci facevo? E perché non mi sentivo a disagio? Ho rivisto la mia adolescenza. Cresciuto in una famiglia dove entrava quotidianamente la stampa comunista, Unità, Vie Nuove, Noi Donne e dove un padre che viaggiava e leggeva "dimenticava", in bella vista, i primi libri sui gulag di Solgenitsin e le inchieste verità di Montanelli. La Lea non li leggeva ("tùti cajunedi") ma li lasciava lì. Così li sfogliavo e li leggevo io. Perchè mi torna in mente oggi? Perchè nella sera rotariana mi sono ritrovato tra quegli anziani imprenditori dell'abbigliamento che ancora conoscono e frequentano Renato Crotti, il "magliaio" carpigiano che fece scandalo negli anni sessanta quando offriva ai suoi operai viaggi premio in Unione Sovietica per mostrargli come si viveva sotto il comunismo. Un personaggio controverso, sbeffeggiato dal pensiero dominante dell'epoca ("un èter cajomber") ma per il quale mio padre nutriva rispetto. E valutando il tutto cinquant'anni dopo posso sicuramente affermare che tuo bisnonno era un passo avanti. Oltre che una mente libera. Certo della mamma ho trattenuto il romanticismo degli ideali, la convinzione che si possa e si debba rispettare, nel progresso, la dignità di chi non ha i mezzi, delle classi meno fortunate, a cominciare dagli immigrati. Valori che oggi solo la sinistra porta avanti. Sinistra della quale rifiuto però, e questo è sangue di Gino Po, bigottismo e manicheismo. Piccolo mio, per te comunismo e fascismo saranno fortunatamente concetti relegati ai libri della storia del Ventesimo Secolo. Anche berlusconiani e anti berlusconiani, quando sarai grande, saranno ricordi del passato, come i guelfi e i ghibellini. Difficile prevedere oggi con che cosa avremo a che fare fra quindici anni. Certo voglio immaginare Valentino Polegri Rosella un giovane dalla mente libera, capace di elaborare, in ogni momento e in ogni luogo, ciò che lui, e solo lui, ritiene sia il meglio.
domenica 6 maggio 2012
COMINCIA IL GIOCO DELLE SOMIGLIANZE. Io, proprio io che ancora penso che i neonati sono come i cinesi, tutti uguali, l'altro giorno ti osservavo cercando "i richiami". Eri da poco tornato dal tuo primo giorno in piscina e dormivi profondamente, beato e spompato, con la bocca semiaperta. Mi sembravi tuo padre quando ha il raffreddore. Poi ti sei svegliato di buonumore, ci siamo messi a fare le boccacce e mi ricordavi tua madre quando giocavamo a strapparci il ciucio con la faccia ogni volta sorpresa.
"Vedi che adesso l'hai capito anche tu come facevano gli altri a essere così nonni..." mi dice Anna Maria Ori dopo avermi comunicato quanto le abbia cambiato la vita Laura, la sua nipotina di quasi sette anni che "parla e ragiona come un grande". Qualche merito dobbiamo pur averlo noi nonni degli anni duemila, quelli che a sessanta e settant'anni hanno ancora la forza fisica e le capacità intellettuali di stimolarvi. Ai nostri tempi non era certo così e per questo, a parità di età, eravamo molto più gnoccoloni. Certo, oggi ci sono anche internet e la TV. Io avevo solo Nonna Abelarda e il Mago Zurlì e di nonni ne ho conosciuto solo due. Uno, Ettore, morì quando avevo cinque anni e credo che si e no sapesse il mio nome. L'altro, Alfonso Valentini, campato fino a 94 anni, era un monumento. Seduto nella sua poltrona, che a me sembrava un trono, il patriarca mi squadrava. "Popà, l'é Rugéro, al fiol ed la Lea". "Sei diventato grande - rispondeva in italiano - e a scuola come andiamo?" e qui finiva il rapporto.
"Vedi che adesso l'hai capito anche tu come facevano gli altri a essere così nonni..." mi dice Anna Maria Ori dopo avermi comunicato quanto le abbia cambiato la vita Laura, la sua nipotina di quasi sette anni che "parla e ragiona come un grande". Qualche merito dobbiamo pur averlo noi nonni degli anni duemila, quelli che a sessanta e settant'anni hanno ancora la forza fisica e le capacità intellettuali di stimolarvi. Ai nostri tempi non era certo così e per questo, a parità di età, eravamo molto più gnoccoloni. Certo, oggi ci sono anche internet e la TV. Io avevo solo Nonna Abelarda e il Mago Zurlì e di nonni ne ho conosciuto solo due. Uno, Ettore, morì quando avevo cinque anni e credo che si e no sapesse il mio nome. L'altro, Alfonso Valentini, campato fino a 94 anni, era un monumento. Seduto nella sua poltrona, che a me sembrava un trono, il patriarca mi squadrava. "Popà, l'é Rugéro, al fiol ed la Lea". "Sei diventato grande - rispondeva in italiano - e a scuola come andiamo?" e qui finiva il rapporto.
domenica 29 aprile 2012
SONO UN NONNO TECNOLOGICO, e questo attenua la nostalgia di vederti già un po' meno. Tua madre ricomincia a uscire di casa, torna a lavorare, e noi ci perdiamo quei bei momenti che rubavo al nuoto per venirvi a trovare. Ma sono un nonno tecnologico e rimedio con Face Time. E a quanto pare non sono l'unico. Qualche mattina fa, a Perugia per il Festival del Giornalismo, ero a tavola con Enzo Iacopino, un collega di poco più anziano di me. "Ruggero è diventato nonno, sai?" gli fa Chiara Longo. Lui mi guarda con una faccia d'intesa "Si diventa pazzi, lo sai, vero?" poi furtivamente mi mostra il salvaschermo del suo iPad con la foto di un angioletto biondo. Tra tanti colleghi giovani e non-più che giocano a fare il giornalista cinico e scafato, mi sono sentito meno solo. Chissà che cosa sceglierai di fare tu nella vita e, soprattutto, se mi sarà lasciato il tempo di vederlo. Da parte mia, come è già stato con tua madre, nessuna spinta a seguire le mie tracce. Anche se non mi dispiacerebbe affatto. "Sempre meglio che lavorare" diciamo del nostro mestiere con una discreta dose di civetteria. Ma bisogna sceglierlo. E questa è una fortuna che la vita riserva a pochi. Desiderare che un figlio segua il tuo cammino è lecito, spianargli la strada raramente è produttivo, soprattutto se non si tratta di trasferirgli una tua azienda ma, piuttosto, di esercitare qualche forzatura in suo favore. Personalmente preferisco scommettere su un giovane collega che per caso incrocia il mio percorso e dare a lui le opportunità che in quel momento sono nelle mie disponibilità. Lo ho fatto ogni volta che ho potuto.
martedì 17 aprile 2012
NONNA MORFINA. Il soprannome che tua madre le ha rifilato, Nonna Gabri se l'è guadagnata sul campo. "Nonna Nanna" sarebbe stato certamente più appropriato a una tranquilla signora qual è. Ma facciamone anche una questione generazionale. Siamo o non siamo pur sempre quelli cresciuti a Beatles e Rolling Stones? Il fatto è che solo lei ha il potere di farti riposare tranquillo anche per un pomeriggio intero. Arriva. Ti prende in braccio. Appoggia la tua testa sulla sua spalla sinistra, ti accarezza la nuca, il collo, la schiena, il sedere e in men che non si dica i tuoi muscoli si rilassano e ti lasci andare. Lei guarda la TV e tua madre fa le sue cose. "E' capace di svegliarsi anche dopo due ore. Comincia con una smorfia, si stiracchia, stropiccia le manine. Gnicca un po'". Gniccare non è piangere. Nemmeno ridere. Nemmeno fare nghe nghe. E' gniccare. La delizia di ogni nonno.
mercoledì 11 aprile 2012
NON HO L'ETA'. Credo che mi convertirò a nonno classico, quello con la trombetta per farti ridere. Quello con gli scherzetti idioti che ride solo lui ma va bene lo stesso. Oggi siamo rimasti soli dieci minuti, il tempo per tua madre di fare una doccia, e mi hai cantato tutto il repertorio. Quando lei entra in bagno sei nel passeggino tranquillo. "Bene. Ce la possiamo fare". Penso che ti lascerò lì e proverò a farti un po' di boccacce. Esplodi. Ti prendo in braccio faccia rivolta al petto e comincio a saltellare per casa immaginando di cullarti. "Com'è pure che si faceva?". Ti giro dall'altra parte. Niente. Ti rimetto giù. Peggio mi sento. Ti riprendo e ci mettiamo in poltrona cullandoti sul braccio sinistro. Urla forsennate. Nel mentre suona il telefono. Rispondo. Dall'altro capo si impietosiscono e riattaccano. Esce tua madre con l'asciugamano-turbante. "Ma non devi stare seduto. Fallo girare per casa". Sè. E ricomincia la giostra. Ah... ora ricordo... trent'anni ci dicevano che piangere ai bambini fa bene. Sbrigati a crescere piccolino. Sbrigati a comunicare. Noi due dobbiamo fare dei discorsi.
domenica 1 aprile 2012
Questa è Peggy, il cane con cui esploreremo insieme la Valle del Tevere. E' un "puro meticcio". L'aspetto di un Labrador e la stazza di un maremmano. Vive con noi, con la nonna Gabri e con me, da quando decidemmo di adottarla più di tre anni fa, il 7 ottobre del 2008. Aveva circa un anno. Per mesi, fino a quel momento, aveva vagato, assieme a un fratello inseparabile, nei vialetti del nostro comprensorio. Erano magrissimi. I bambini davano loro da mangiare qualche scatoletta e li avevano chiamati Peggy e Pongo, come i due protagonisti della carica dei 101. Poi un brutto giorno Pongo fu trovato morto. Chi disse di fame. Chi ucciso dai cinghiali che popolano le nostre campagne. Peggy si mise a fare coppia fissa con un altro compagno di strada fino a che un giorno venne trovata ferita vicino al nostro cancello. Da quel giorno vive con noi e ora è la regina del divano dal quale, in questa foto, sta guardando te a culo nudo mentre ti stanno cambiando sul fasciatoio. Ha capito benissimo che c'è un cucciolo. Ed è un po' triste perché lei, suo malgrado, deve stare alla larga. Scodinzolando curiosa cerca di annusarti con il suo meraviglioso tartufone umidone. "Peggy via!". C'è sempre qualcuno più pronto di lei a difendere la creatura. Sei fortunato a essere circondato dagli animali. Qui come a casa con Lula, Scala e Strizza. I tuoi genitori raccontano che quando arrivarono a casa la prima volta con te Lula era emozionatissima. Batteva i denti. Se non fosse sterilizzata probabilmente le sarebbe venuto il latte.
martedì 27 marzo 2012
27 marzo 2012, martedì
Oggi ti parlo di tua bisnonna. La Lea. Quella che faceva le ninna nanne a tua madre con l’Internazionale e Bella Ciao. La staffetta partigiana che conobbe Gino Po, ii comandante Nicola, durante la Resistenza e, per amore e per impegno civile, ne divenne la “segretaria”. Era lei che, dattilografa diplomata, batteva a macchina i bigliettini con gli ordini. Ed era lei che, nascondendoli nelle pieghe della gonna, li recapitava con aria innocente spostandosi per le campagne di Carpi, Limidi e San Marino in bicicletta. Fedele ai suoi ideali, rimase “compagna” fino alla morte, il 27 marzo di quattordici anni fa, quando, nonostante la terapia intensiva, pretendeva che uscissi a comprarle l’Unità. Se ne andò arrabbiata con quel “cajoun ed Bertinotti”, colpevole di avere fatto lo sgambetto a Prodi. Che secondo lei era un “compagno”. Di tutt’altra stoffa tuo bisnonno. Ma questo è un altro film. Te ne parlerò un’altra volta. E della loro complicata storia d’amore.
Oggi ti parlo di tua bisnonna. La Lea. Quella che faceva le ninna nanne a tua madre con l’Internazionale e Bella Ciao. La staffetta partigiana che conobbe Gino Po, ii comandante Nicola, durante la Resistenza e, per amore e per impegno civile, ne divenne la “segretaria”. Era lei che, dattilografa diplomata, batteva a macchina i bigliettini con gli ordini. Ed era lei che, nascondendoli nelle pieghe della gonna, li recapitava con aria innocente spostandosi per le campagne di Carpi, Limidi e San Marino in bicicletta. Fedele ai suoi ideali, rimase “compagna” fino alla morte, il 27 marzo di quattordici anni fa, quando, nonostante la terapia intensiva, pretendeva che uscissi a comprarle l’Unità. Se ne andò arrabbiata con quel “cajoun ed Bertinotti”, colpevole di avere fatto lo sgambetto a Prodi. Che secondo lei era un “compagno”. Di tutt’altra stoffa tuo bisnonno. Ma questo è un altro film. Te ne parlerò un’altra volta. E della loro complicata storia d’amore.
lunedì 26 marzo 2012
26 marzo 2012, lunedì
“Mi sono molto
emozionato”. E' questo il commento più ricorrente tra chi mi
riferisce di avere letto questo diario. Me lo hanno detto familiari,
amici stretti, gente che ci conosce e ci vuole bene e me lo ripetono
anche persone che non ho mai visto direttamente. Un effetto non
cercato e che, lo ammetto, mi piace. Provare emozioni profonde e
riuscire a trasmetterle. Anche se il destinatario ultimo sei solo tu
e spero davvero di potere arrivare al giorno in cui lo leggeremo
insieme. “Nonno, com'ero quand'ero bambino?”. Non ti sottrarre
alle emozioni, non le soffocare come per tanti secoli hanno preteso
da noi uomini. La corazza serve per andare in guerra e noi non
dobbiamo vivere la nostra vita, i nostri rapporti, come fossimo
perennemente sotto attacco. Saremo più forti se chi ci starà di
fronte potrà vedere dentro di noi. Un uomo che non piange non è un
uomo completo. E tu non ti sottrai di certo! A cominciare da quando
hai fame. La nonna, che oggi è stata per la prima volta da sola con
te, mentre tua madre era fuori per commissioni, mi raccontava della
tua voracità. “Dovevo staccarlo dal biberon per farlo respirare”.
“E poi si è addormentato”. “La testa che si abbandonava sulle
tettone morbide e il cuore contro il mio cuore”. Vorrebbe già
tornare. Deve aspettare fino a giovedì.
domenica 25 marzo 2012
“Daddy's dream”. La
copertina dell'unico disco da solista di Demetrio Stratos, dove lui è
fotografato con un neonato, presumibilmente il figlio, adagiato sul
suo avambraccio è l'immagine che da quarant'anni mi ripromettevo di
riprodurre e che ora sto ammirando compiaciuto. Valentino, ancora più
piccolo, con gli occhietti mezzi chiusi, che riposa sicuro su due
braccia possenti, quelle di suo padre, che per il contrasto sembrano ancora più grandi. Già incorniciato.
[Demetrio Stratos, nome
poco conosciuto a livello popolare anche nel periodo della sua
attività, fu, tra gli anni sessanta e i settanta, una delle voci più
interessanti della musica italiana. Agli inizi fece pop, cantand,o nel
gruppo dei Ribelli, “Pugni chiusi”, una canzone ancor oggi
ascoltata, per poi passare al rock-progressive, una tendenza che tra il '70 e il '77 contagiò anche l'Italia producendo
brani talvolta di un certo pregio. Quella fu la stagione dei miei
vent'anni, quando conobbi tua nonna e insieme ci piaceva “fare gli
hippy”. Viaggi interi in autostop, i chilometri per andare a vedere
i concerti negli stadi, i campeggi. E quella era la nostra musica.
Demetrio Stratos morì troppo giovane, a 34 anni nel 1979, per un
tumore che se lo portò via in pochi mesi. Per pagarli le cure in America ci fu una delle prime collette-rock cui
parteciparono i più importanti gruppi italiani dell'epoca]
venerdì 23 marzo 2012
23 marzo 2012
“Un bacio a Valentino”.
Ti porto i saluti di un noto politico nazionale che non solo
ricordava che un mese fa, in un fugace saluto telefonico, gli dissi
di essere appena diventato nonno, ma aveva in mente anche il nome. In
un mondo dove nessuno ormai fa più attenzione a chi sei, nemmeno nel
momento delle presentazioni, prendilo come un buon auspicio. Sarai un
uomo impossibile da dimenticare. Io stesso, poco più grande di te,
ebbi un viatico di non poco conto. Era l'estate del 52 e in un
negozio di Forte dei Marmi mia madre incontrò Peter Van Wood, quello
di “Tre numeri al lotto”. Sì sempre quello che successivamente,
e fino a due anni fa, fu uno dei più noti astrologi nazionali. Il
cantante notò la carrozzina, si affacciò, vide questo bambino, strabico e tutta testa, di pochi mesi e, forse per consolare questa
giovane madre, orgogliosissima nonostante tutto, profetizzò: “Suo
figlio sarà molto fortunato”. I fatti fino a oggi gli hanno dato
ragione.
"Tre numeri al lotto" - Peter Van Wood
"Tre numeri al lotto" - Peter Van Wood
domenica 18 marzo 2012
18 marzo 2012
Tua madre deve averti
scambiato per un melone. Ogni volta che ti concentri, e arrossisci un
po', eccola che arriva ad annusarti là dove si annusano i meloni,
perlappunto. “Fammi sentire se l'ha fatta”. E tu che la scruti
con quello sguardo da duro che ormai è solo tuo. L'occhio sinistro
socchiuso, la fronte corrucciata, come a dire: ma questa che cosa fa?
Bella fortuna. Quando la mollava lei non c'era certo bisogno di
indagare tanto. Era evidente. E allora la mettevi su fasciatoio,
levavi il pannolino e dicevi “Che pussa!!!”. E lei rideva.
Felice. Oggi siete stati qui a pranzo. C'era la bisnonna Silvia.
“Diventa una bella ragazza. Te la portano via presto”. “Nonna...
è maschio.” “beh... mo si capisce...”. Ljuba ti ha visto per
la prima volta. Ti cullava fra le sue braccia. Indicava me. Dedushka.
Per averti in braccio io, invece, mi sa che devo fare un'altra fuga a
casa vostra in settimana. Soli noi tre. Tu, tua madre e io. E allora
siamo tranquilli. Oggi un po' che mi sentivo osservato, sotto esame,
un po' che ogni scusa era buona per averti loro, era tutto un
“nooo... non così... reggigli la testa... oh... prima ti facciamo
fare le prove con cicciobello” e via che ti riprendevano. Come se
trentaquattro anni fa io non fossi stato il padre che lasciava tutti
a bocca aperta perchè, in tempi in cui ancora nessun uomo lo faceva,
nutriva e cambiava il bebè. Il papà che metteva la pupa nello
zainetto e sfrecciava per Carpi in motorino. “Mo dio... ciai micca
paura che casca?”. Il primo padre in aspettativa post partum che
venne anche il TG2 a cercarmi e sei anni dopo Enzo Biagi. Ma questa è
un'altra storia che fa ancora arrabbiare tua nonna. Dice che
quell'aspettativa la presi per andare a lavorare a Radio Bruno mentre
io portavo la bambina dalla nonna Lea e che lei faceva la figura della
madre degenere che andava a lavorare. Questione di sapersi
organizzarsi. No?
domenica 11 marzo 2012
10 marzo 2012
Un figlio dei fiori non pensa al domani. Mi piaceva questa canzone di Augusto. Ci credevo all'epoca e sostanzialmente ho sempre agito di conseguenza. Ma da quando ho sessant'anni, cioè da ieri, mi ritrovo a pensare un po' di più al tempo che rimane. A quanti anni avrò quando tu ne avrai diciotto, a quando sceglierai un lavoro, a quando uscirai di casa e con chi. "Chi è il vecchio e chi è il bambino?" mi chiedeva ieri mattina Carmela confermandomi indirettamente che anche al giornale stanno leggendo questo blog. Un complimento. Una frase di circostanza. Che però ha fatto centro. Mi piace pensarmi "vecchio" anzitempo. Un po' come la leggenda vuole che fosse Angela Lainsbury, sospettata di farsi plastiche al contrario, quando aveva cinquant'anni, per sfruttare più a lungo la sua età d'oro nel personaggio di Jessica Fletcher. Ma resto profondamente bambino. Ingenuo, generoso. Lo sono sempre stato mio malgrado. E onesto intellettualmente. Il calcolo non mi appartiene. Quando ci ho provato la vita ha comunque agito a modo suo. Senza tenerne conto e regalandomi opportunità migliori e nemmeno immaginate. Le tue giornate sono ancora molto semplici. Latte, cacca, nanna. Nanna, cacca, latte. Ma presto dovrai cominciare a rapportati con tutti noi, tua madre per prima, in un modo più complesso. Dovrai elaborare le tue piccole astuzie. Fallo solo per gioco. Mai per calcolo. Sarebbe tempo perso.
martedì 6 marzo 2012
6
marzo 2012
Incontro
di quattro generazioni. Domenica scorsa per la prima volta hai fatto
il tuo ingresso trionfale a casa nostra. L'occasione era il
compleanno di tua bisnonna Silvia. Novantaquattro. “Viene su bene la
bambina?”. “E' un maschio, nonna. Si chiama Valentino”. Ti ha
messo a fuoco, tranquillo, era solo un po' stordita dall'emozione.
Tanto che poco dopo ripeteva “E' proprio bella!”. “E' un
maschio, nonna”. “Ah... sì... e io che cosa ho detto?”. Ci
farai l'abitudine. Avrai tempo di dirglielo tu personalmente. Tanto
arriveremo a novantacinque, novantasei e oltre.
I
domenica 4 marzo 2012
4
marzo 2012
“Chissà,
chissà domani, su che cosa metteremo le mani...” Ce lo chiedevamo
trent'anni fa, cantando negli stadi, con Lucio Dalla, “Futura”.
Me lo chiedevo guardando tua madre bambina, mentre la addormentavo,
seduto sul pavimento accanto al suo letto. Erano gli anni dei russi e
degli americani, dei missili a testata atomica incrociati, della
certezza che se qualcuno li aveva costruiti prima o poi li avrebbe
usati. In Italia erano gli anni del terrorismo, dei rapimenti e degli
omicidi politici, della paura di andare al ristorante la sera. Poi a
Berlino il Muro è caduto, i regimi comunisti con lui, l'America ha
trovato altri nemici, internet ci ha catapultati in un'altra
dimensione. Agnese è diventata donna e proprio quando le
preoccupazioni sulle incognite del suo futuro si diradano eccoti qui.
“E chissà come sarà lui domani, su quali strade camminerà, cosa
avrà nelle sue mani...” Era ancora Lucio Dalla, nel giorno in cui
a Bologna gli davano l'ultimo saluto, che mi tornava in mente, oggi,
guardando la tua faccia, immacolata come un libro tutto da scrivere.
sabato 3 marzo 2012
3 marzo 2012
Zenzero, cannella, coriandolo, peperoncino. Quando saremo soli comincerò a farti conoscere i colori del mondo. Non sai fino ad ora che cosa ti sei perso. Prima in gravidanza niente salumi e niente verdure se non al sapore di amuchina. Sdoganato il prosciutto, adesso che ti dà il latte tua madre deve stare attenta a qualsiasi spezia, compreso il condimento delle salsicce, “perchè il latte cambia sapore”. E ti credo, ma mica è un male se ti fai una ciucciata che sa di luganega. Qui andrà a finire che non vorrai mangiare il gnocco fritto. O, peggio, lo chiamerai "lo gnocco fritto", come ti insegnerà qualche maestra senz'anima. Cinquant'anni fa, quando ero bambino io, non conoscevo il sapore della pizza. A Carpi, profonda Emilia, nessuno la faceva se non qualche immigrato a casa sua. Ancora oggi se a certi miei coetanei e concittadini nomini il peperoncino ti guardano come un meridionale cui parli del burro: inorriditi. Il cibo è cultura e comunicazione. Oltre che amore. E contro la globalizzazione, almeno a tavola, non ho assolutamente nulla da dire.
Zenzero, cannella, coriandolo, peperoncino. Quando saremo soli comincerò a farti conoscere i colori del mondo. Non sai fino ad ora che cosa ti sei perso. Prima in gravidanza niente salumi e niente verdure se non al sapore di amuchina. Sdoganato il prosciutto, adesso che ti dà il latte tua madre deve stare attenta a qualsiasi spezia, compreso il condimento delle salsicce, “perchè il latte cambia sapore”. E ti credo, ma mica è un male se ti fai una ciucciata che sa di luganega. Qui andrà a finire che non vorrai mangiare il gnocco fritto. O, peggio, lo chiamerai "lo gnocco fritto", come ti insegnerà qualche maestra senz'anima. Cinquant'anni fa, quando ero bambino io, non conoscevo il sapore della pizza. A Carpi, profonda Emilia, nessuno la faceva se non qualche immigrato a casa sua. Ancora oggi se a certi miei coetanei e concittadini nomini il peperoncino ti guardano come un meridionale cui parli del burro: inorriditi. Il cibo è cultura e comunicazione. Oltre che amore. E contro la globalizzazione, almeno a tavola, non ho assolutamente nulla da dire.
lunedì 27 febbraio 2012
27
febbraio 2012
Fuori
di capoccia. Ho scaricato le tue foto sull' iPad e le sto mostrando a
chiunque osi avventurarsi nella mia stanza. Io che teorizzavo che
tutti i neonati sono uguali ti vedo strastosfericamente bello. E dire
che solo sette mesi fa, al mare, sorridevo a quel raduno di nonni
che, davanti al fritto misto, si passavano i telefonini con le foto
dei loro nipoti. Non voglio pensare a quando pronuncerai la tua prima
parola. Che sarà “nonno”, vero?
domenica 26 febbraio 2012
26
febbraio – ore 19
NONNITUDINE.
Secondo il manuale che ho comprato, uno dei miei compiti pedagogici
sarebbe quello di tenerti accanto mentre faccio giardinaggio.
Scordatelo. Benchè le due aiuole di casa facciano 40 mq in tutto, da
almeno cinque anni pago un giardiniere. Non fa per me. Piuttosto ti
leggerò le favole, i classici. Collodi, i Fratelli Grimm, Esopo e, quando sarai più grande, anche “Cuore” di De
Amicis. Te le leggerò e te le rileggerò cento e mille volte. Per
condividere le nostre radici. E per farti conoscere e apprezzare il
suono e la bellezza della nostra lingua.
sabato 25 febbraio 2012
25
febbraio – ore 10
Ti
sto cuocendo la torta di amaretti. Si, lo so, hai solo una settimana,
ma tua madre mi ha convinto che tutto passa per il latte. La
paraculina. E allora ho deciso, se così deve essere, di farti
abituare ai sapori che preferivo da bambino. La torta di amaretti,
specialità della tua terra di origine da parte di madre, la compravo
al forno a fette. 50 lire. Ti dico come si fa. Scolpisco la ricetta nella
pietra del web per quando ti verrà nostalgia dei sapori del nonno.
Sopra una base per crostata cuoci l'impasto che ti dico: in quattro
tuoli d'uovo monta 150 grammi di zucchero e 70 di burro fino a
ottenere una spuma soffice. Aggiungi poi, sempre montando, 350 grammi
di amaretti ridotti in polvere ammorbidendo con un bicchierino di
Sassolino Stampa (se avranno smesso di farlo usa Mistrà) e, se è
ancora troppo grumoso, un po' di panna o latte. Aggrega poi i quattro
albumi montati a neve, metti nello stampo dove c'è già la base di
pasta di crostata che ti avevo detto, e inforna per 45 minuti a 180
gradi. Copri la teglia, prima di mettere in forno, con un coperchio
per evitare che si bruci la superficie. Poi mi fai sapere.
venerdì 24 febbraio 2012
24
febbraio – ore 18
Ragazzo
mio. Questa mattina, finalmente, l'incontro. Non è stato un vero
“faccia a faccia”, tua madre è ancora troppo presa da te per
mollarti un attimo, ma ci siamo visti da vicino. Non so se tu hai
visto me ma mi ero preparato per l'occasione. Vestito “da
onorevole”, nel senso che ero vestito come quando ospito in
trasmissione un “personaggio”. Che cosa vuoi di più? Il nonno,
nell'eventualità che tu lo scorgessi, è arrivato in abito gessato,
camicia rigata indossata oggi per la prima volta, cravatta blu. Sei
un ragnetto. Meno ragnetto, però, di tanti altri neonati. La testa è
già bella tonda, alla Charlie Brown. Le smorfie che fai con le
labbra bianche di latte, quando abbandoni un
attimo la tetta, sono un incanto. Solo dopo averti riposto nella
carrozzina tua madre mi ha concesso un primo contatto a distanza. “Me
lo fai girare un po' nella stanza per farlo addormentare mentre io
riordino la casa?”. Ho eseguito felice spiando le tue espressioni,
ma anziché dormire eri tu che, di sottecchi, spiavi me. Per dormire c'è tempo.
domenica 19 febbraio 2012
20
febbraio
ore 7.30
Senza
rete. Fra poche ore lascerai il Policlinico e, con tua madre e tuo
padre, comincerai ad affrontare la tua vita. A casa ti aspettano un
cane e due gatti: Lula, Scala e Strizza. Tre femmine. Auguri.
Ore 13
Sei a casa. Tua madre al telefono è stata comprensibilmente sbrigativa: “Scusa, siamo molto concentrati”. Per un genitore, soprattutto la prima volta, questo è il momento della verità. Tu però cerca di aiutare. Attaccati al seno. Lo so, il biberon è più comodo ma cerca di essere meno pigro di tuo nonno che si stancava di mangiare perché “il cucchiaio era pesante”. Appena mi danno il via libera vengo a presentarmi per bene.
19
febbraio – ore 19.30
Valentino.
Ti racconteranno che tuo nonno fece una campagna senza ritegno contro
il nome che ti hanno imposto. E' vero, ho scherzosamente rotto le
scatole per mesi contro il tuo nome, ma solo perché sapevo che,
capocciona com'è, tua madre non te l'avrebbe cambiato.
Valentini
è il cognome di tua bisnonna, “la Lea”, mia madre, staffetta
partigiana durante la guerra di liberazione, cui il Comune di Carpi
ha da qualche anno intitolato una via. Via Lea Valentini, a Cibeno.
Valentino
fu anche il mio rivale dell'etere nei primi anni di Radio Bruno.
Un'antipatia maturata sui banchi della prima liceo. Lui era il boss
di Canale Sette. Sbruffone e arrogante come solo i magliai carpigiani
sapevano esserlo in quegli anni di boom economico. In pochi anni li
mettemmo all'angolo. Radio Bruno prese il volo, Canale Sette regredì
a radio di quartiere. Pochi anni dopo Valentino morì, non ancora
quarantenne, stroncato da un infarto. Ne rimasi profondamente
addolorato. Ironia della sorte, “Valentino” era un nome d'arte. All'anagrafe si chiamava Ruggero.
venerdì 17 febbraio 2012
17
febbraio – ore 19.30
Ma
che cosa ci avevano raccontato? Ma quale testa grossa? Per ora ho
visto solo quella ma posso assicurarti che sei proporzionatissimo.
Sono venuto al nido. Ero una di quelle facce appiccicate al vetro.
Quel signore con gli occhi lucidi che ti guardava sorridere beato.
Sei
bello come e più di tua madre quando uscì dalla sala
parto, alle tre di notte del 16 gennaio di 34 anni fa. Più minuta di
te con gli occhi immensamente azzurri. Oggi era esausta ma serena.
Bella come una Madonna.
giovedì 16 febbraio 2012
16
febbraio – ore 21.30
Di
te sappiamo già tutto. Sei maschio, già dai primi mesi della tua
formazione ti presentavi con un peso e una lunghezza notevolmente
superiori alla media, hai le spalle grosse, come tua madre, e la testa
grossa, come tuo nonno. Che sono io.
Piacere
di conoscerti. Domani verrò all'ospedale a vederti per la prima
volta. Per ora sei ancora nel ventre di tua madre. Ma per poco,
ormai. Salomè, che fa la spola con la sala travaglio, mi dice che è
questione di poco.
Verrai
al mondo a Roma, la città più bella del mondo. La città dove ho
scelto di vivere, portando con me tua madre e tua nonna, vent'anni
fa.
Ti
piacerà. Per la sua accoglienza. Per il suo clima, benchè il
periodo in cui nasci sia destinato a restare negli annali come “la
nevicata del 2012”. Mezzo metro di neve nella città dove non
nevica mai. Ma stasera il clima è mite e presto sarà primavera.
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